Il re ombra - Maaza Mengiste

Per questo mio primo intervento, riguardo alla mia rubrica, ho scelto un romanzo, Il re ombra, pubblicato in Italia nel 2021. La scrittrice è Maaza Mengiste, nata ad Addis Abeba, ma che vive a New York. Perché questo libro e questo brano? Perchè, mentre lo leggevo, pensavo alle tragedie che si consumano nel Mare Mediterraneo, testimone impietoso di quell'ecatombe  di migranti che sembra non aver mai fine, sindone di migliaia di cristi che si inabissano tra i tanti spasimi e la tanta indifferenza.

Questo brano potente descrive un mometo di uno scontro cruciale tra le truppe italiane e gli etiopi, durante l'invasione del 1935. Mentre scorrevano le parole sotto i miei occhi, sempre più penetranti, più cariche di una forza mortale che toglie il respiro, pensavo alla forza delle giovani donne come Hirut, votate, loro malgrado, alla guerra, in cui legittimamente respingevano l'invasore, che senza pietà uccideva in modo atroce chi si trovava nella prorpia terra,  i discendenti del quale,  molti decenni dopo, avrebbero lottato respingendo, ancora una volta senza pietà, i discendenti della giovane Hirut. Che guerra era quella? Mi chiedevo mentre leggevo il romanzo. Che guerra è questa? Mi chiedo mentre leggo le tragiche pagine di cronaca con protagonisti uomini, donne e bambini che bolliamo come migranti, anzichè fratelli. 

Maaza è nipote di Hirut, vive negli Stati Uniti e ha pensato bene di raccogliere le memorie di questa donna per trasformarle in testimonienze laceranti che si prefiggono la finalità di non dimenticare le atrocità di cui è capace il genere umano. 

Pippo Lombardo

Dall'alto come piovesse dal cielo, le donne cominciano a cantare. Aklilu ride e Kindane urla ai suoi uomini di avanzare più in fretta, di non fermarsi finchè non vincono. Insieme. Rincorrono gli ascari, coscienti solo dei loro cuori pulsanti, del loro passo uniforme, della grida di battaglia che si levano in onde violente dalle loro donne mentre avanzano, a passo svelto e orgogliosi, nell'aria velata di polvere.

Hirut, vede il braccio alzato di Aster: più forte, urla. Più forte perchè possano sentirvi. Ed è un tale impennarsi di corpo. Respiro e canto che Hirut pensa solo: Più forte, più forte, più forte, e mentre canta di coraggio e nemici, sente sciogliersi le pareti del cielo, la cacofonia diventa un mormorio dolc, e la valle si apre davanti a lei, verde e lussureggiante, di una bellezza insopportabile.

In seguito, non sarà in grado di dire cos'è accaduto prima, se ha sentito prima lo sferragliare degli aerei o se prima ha visto Beniam che cercava di tirarsi su nella polvere. Sembrava, racconterà, che tutto accadesse in silenzio, accadesse lentamente, accadesse insieme. Dirà che era troppo, che la memoria le ha concesso la grazia dell'oblio. Dirà di ricordare gli alberi e gli stormi di uccelli ancora testardamente appesi al cielo. Dirà che non c'era nulla da veder finchè non erano stati sopra di lei, finchè quegli aerei non avevano lanciato il loro veleno e avevano dovuto fuggire per non morire soffocati. A tutti quelli che glielo chiederanno, ripeterà che sì, lei era là quelgiorno, ma no, non ha visto molto. Sorvolerà su quella prima immagine di Beniam e parlerà invece dell'acre odore di paglia che seguiva gli aerei. Correvameo su piedi piagati, dirà, la nostra gola lacerata intorno alle grida. Mi faceva male aprire gli occhi, mi muovevo come una cieca.

Ma: vede le prime pozze di sangue nel terreno, le macchie che le mordono la pianta dei piedi.Vede il profilo di un braccio, piedi distesi, una testa in una strana posizione. Ben presto è costretta a spostare lo sguardo dal vasto paesaggio che ha davanti e guardare in basso per non cadere. Sarà così che si imbatterà in Beniam, come fosse un messaggio lasciato sulla sua strada perchè lei lo raccolga. E con la coda dell'occhio noterà come, qui e là, alcune donne cadono in ginocchio mentre altre ancora incalzano il gruppo, perchè, dirà più tardi, sapevamo che non c'era altra via d'uscitase non attraverso, nessuna via di fuga se non correre verso la battaglia, verso gli uomini, verso quegli aeroplani, senza pensarci su.

Hirut vede la sagoma scura di Beniame ne sente il gemito ma pensa: Un fagotto di stoffa, stracci sporchi, macchie di inchiostro, zolle di fango, e non pensa a nient'altro perché com'è possible che davanti a lei ci sia un ragazzo che stramazza su un fianco mentre cerca stupidamente di drizzarsi su gambe che pendono così molli dall'anca? Quale logica permette che un ragazzo vada in briciole davanti a lei agitando le mani scarne in cera di equilibrio? Si arrabbia. Va su tutte le furie perché non c'è alcun senso in quei tentativi. Vorrebbe urlargli che è inutile e deve trovare un altro modo per levarsi dalla sua strada. Poi vede la pozza di sangue intorno a lui, spessa come una coperta, e pensa a Dawit e a Hailu e sa che certi devono fare ciò che altri non possono. Così si china e lo agguanta e rotolano insieme nell'erba, gamba intrecciata a gamba sanguinolente. E quando quegli occhi scuri la vedono e quella bocca si apre, Hirut si china su quella giovane faccia in disfacimento, scruta col batticuore quegli occhi sempre più opachi e dice, Cosa sei?

Perchè non esiste nessuna parola per la cosa che tiene fra le braccia, che trema e spreca il fiato per dire, Beniam, mi chiamo Beniam. Non esiste parola per il sangue che sembra filtrare nella sua stessa pelle. Non c'è modo di capire cosa stia agonizzando, senza nome e quasi senza forma, tra le sue braccia. Poi non c'è più aria, solo uno spruzzo caldo che insudicia e poi soffoca e lei non riesce più a respirare e non si sentono più canti o urli ma un altro suono che non riesce a udire al di sopra della disperazione di questo ragazzino che la supplica di salvarlo. È impossibile, pensa Hirut, bruciare così senza fuoco, soffocare così alla luce del gorno. Impossibile che uno respiri e soffochi, che sia vivo e stia morendo. Così si eserciterà ogni giorno a dimenticare ciò che viene dopo. Non ricorderà le sue grida di aiuto, non ricorderà come si aggrappa alla sua mano. Costringerà se stessa a scordare, ad andare indietro e cancellare il momento in cui una certa Hirut si era alzata, aveva abbandonato un ragazzo morente di nome Beniam, ed era corsa via. 

(Dal primo capitolo "Invasione", pagg. 160, 161, 162) 

 

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Credits: sito web realizzato da Ilaria Limblici per Libri&Altrove

 

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