Il Riparo di Contrada S. Tommaso (Enna)

di Enrico Giannitrapani

Il Riparo di Contrada S. Tommaso, posto nei pressi di Enna, è stato individuato nel 1999 nell'ambito del progetto di ricognizioni “Archeologia nella valle del Torcicoda”, realizzata tra  il 1996 e il 2006 e diretto da chi scrive e dal Prof. Mark Pluciennik (Leicester University). Nel corso di tale ricerca, con cui è stata indagata in modo estensivo la valle del torrente Torcicoda e l'area circostante il lago di Pergusa, sono stati individuati più di 20 nuovi insediamenti, databili dall'età preistorica a quella medievale; inoltre sono stati documentati diversi siti rurali d'età moderna, quali mulini ad acqua, masserie e stazzi per le greggi.

La stretta e fertile valle del torrente Torcicoda, che nasce alle pendici del moderno centro urbano di Enna, è lunga circa 15 km fino alla sua confluenza con l'Imera meridionale. È caratterizzata nella parte alta da terreni collinari fortemente antropizzati dalla moderna espansione urbanistica di Enna, e da terreni più dolci nella parte meridionale, vicino alla confluenza con l'Imera; nella parte centrale il corso del fiume costeggia ad occidente il complesso di colline che circonda il bacino del lago di Pergusa. Nel tratto centrale il corso d'acqua scorre profondamento incassato nel substrato in arenaria, scavato dall'azione delle acque, che hanno creato un vero e proprio canyon, lungo circa 2 km, largo circa 80 m e profondo in diversi tratti fino a 60 m. Nella parte terminale della gola si trovano tre ampi ripari scavati nella roccia dall’azione delle acque e degli agenti atmosferici: di questi due (Ripari 2 e 3) sono posti sul versante occidentale del piccolo corso fluviale e uno, il più grande (Riparo 1, lungo 70 m e profondo circa 15 m) su quello orientale. I ripari sono stati occupati in età recente con la costruzione di edifici in malta e pietra, compreso un mulino ad acqua, il Mulino Nuovo, costruito nei pressi del Riparo 1, abitati fino agli anni '60 del secolo scorso da una piccola comunità di pastori e contadini. Nell'estate del 2000 sono stati condotti alcuni sondaggi nei tre ripari allo scopo di verificare l'esistenza di eventuali depositi archeologici, testimoniati dal rinvenimento sulla superficie di diversi frammenti ceramici databili sia ad età preistorica che ad età greco-arcaica. I saggi aperti nei Ripari 2 e 3 hanno però dato esito negativo, raggiungendo subito la roccia di base, mentre i saggi aperti nel Riparo 1 hanno permesso di indagare preliminarmente un consistente deposito databile tra l'età del Rame e quella greca arcaica. Nel settembre 2010, quindi, è stata condotta una nuova campagna di scavo, che ha interessato la parte meridionale del riparo e che ha permesso di indagare i livelli più alti del deposito, databili tra il Bronzo finale e l'età arcaica.

A seguito di queste indagini preliminari, è possibile oggi datare la più antica frequentazione del riparo alla tarda età del Rame (2600-2300 a.C.), come evidenziato dal ritrovamento di frammenti dello stile di Malpasso pertinenti grossi contenitori provenienti da alcuni anfratti rocciosi posti al di sotto dell'area indagata, anfratti che hanno restituito anche diversi frammenti della successiva facies di Castelluccio (2300-1600 a.C.), tra cui una bella coppa su piede miniaturistica rinvenuta integra.

Come detto, nel 2000 è stato aperto nell'area A il Saggio 1, brevemente esteso nel 2001 e ripreso quindi, nel 2010, dove è stata esposta una sequenza stratigrafica datata tra il 1650 a.C. e il 500 a.C. Il saggio ha raggiunto una profondità di 1,50 m, fermandosi a causa del rinvenimento di alcuni blocchi caduti dalla volta. La sequenza stratigrafica esposta è caratterizzata dall'alternarsi regolare di livelli ricchi di materiali antropici e di livelli sterili, evidenza che il riparo era occupato probabilmente stagionalmente. In alcuni punti della stratigrafia, inoltre, i livelli di vita sono delimitati e segnati da strati compatti di cenere e materiale organico, probabile esito di incendi intenzionali dei depositi più antichi. Alla base della sequenza stratigrafica, nei livelli sopra il crollo, è stata messa in luce una piccola porzione di una paleo-superficie caratterizzata dalla presenza di alcuni frammenti ceramici acromi, attribuibili allo stile di Rodì-Tindari-Vallelunga (circa 1800-1600 a.C.), e da numerose ossa di cervo, tra cui un palco di corna completo. Le analisi archeozoologiche condotte sul piccolo campione faunistico raccolto, inoltre, hanno evidenziato la predominanza dei capro-ovini e dei suini, spesso di giovane età, mentre sono quasi del tutto assenti i bovini. Di particolare interesse è il rinvenimento in questi livelli di abbondanti resti di tartaruga terrestre, Testudo hermanni, che in diversi casi presentano evidenti tracce di macellazione e di cottura: elementi di tale specie sono presenti anche nei livelli più alti.

La fase successiva, documentata sia nel saggio aperto nel 2000 che nell'estensione dello scavo effettuata nella campagna 2010, è databile al Bronzo finale (1300-900 a.C.): al centro dell'Area A è stato infatti messo in luce un grande focolare circolare, caratterizzato dalla presenza di una grande quantità di resti di pasto e da diversi frammenti ceramici a stralucido rosso, tipici dello stile di Pantalica. Vicino al focolare, inoltre, è stato esposto un pozzetto poco profondo, chiuso in parte da una lastra in pietra, contenente ceneri, ossa animali combuste e diversi frammenti ceramici, sempre assegnabili allo stesso periodo. Dopo una fase di abbandono del riparo, segnata da un livello argilloso assolutamente privo di materiali, è stato quindi messo in luce uno spesso e compatto strato di cenere e materiale organico, di colore biancastro, in cui sono stati scavati una grande quantità di pozzetti e buche di palo. Le analisi di tale livello sono ancora in corso, ma in questa sede è possibile ipotizzare un uso cultuale per tali buche, in qualche modo collegate con divinità ctonie. Cronologicamente tale livello, che ha restituito diversi frammenti ceramici impressi e dipinti dell'età del Ferro, è databile tra il IX e il VII sec. a.C.

Strutture architettoniche più consistenti, realizzate sicuramente a scopo rituale, caratterizzano invece i livelli più alti del deposito indagato. Nell'Area B è stato messo in luce un tratto di muro, lungo circa 4,5 m, a doppio paramento, costituito da blocchi regolari di piccole e medie dimensioni ad andamento semicircolare: tale muro doveva chiudere la parte più interna del riparo. Internamente ed esternamente, si conserva una pavimentazione formata da blocchi di pietra di medie dimensioni disposte fittamente in modo regolare. A questa fase sono attribuibili anche i lembi di strutture murarie già esposte nei diversi saggi aperti nel riparo nel 2000, dando un aspetto monumentale a tutto il complesso. Una conferma all'ipotesi della funzione svolta in questo periodo dal riparo come spazio sacro viene dal rinvenimento, sopra e sotto la pavimentazione, di diversi palchi di corna di cervo, vero e proprio rito di fondazione. Inoltre, nella parte centrale dell'Area A, cioè all'interno della probabile area sacra, è stata messa in luce una stipe votiva, costituita da due piccoli pozzetti cilindrici collegati tra di loro, dove sono state deposte ossa di animali e alcuni vasi indigeni dipinti e di importazione, rotti intenzionalmente, databili tra la metà del VI e l'inizio del V sec. a.C.: si tratta, principalmente, di vasi potori, tra cui due pithoi, oltre ad alcune anfore, oinochoe e coppe.

Le funzioni cultuali attribuite dalle comunità indigene a questo spazio “liminale”, luogo di transito pastorale, nascosto entro la stretta gola del Torcicoda, è testimoniato dal carattere dei ritrovamenti: dalla fase finale dell’età del Bronzo all’età del Ferro è infatti costante la presenza di resti di cervo, di testuggine terrestre e di giovani esemplari di ovini e suini, associati a pozzetti e deposizioni di ceramiche A proposito del santuario di età arcaica è possibile, allo stato attuale delle ricerche, avanzare un’ipotesi interpretativa che spieghi l’utilizzo cultuale del riparo del Torcicoda da parte delle comunità indigene raccolte nei centri proto-urbani del bacino di Pergusa con la volontà di esprimere l’avvenuta e ormai consapevole acculturazione nei confronti dell’elemento greco, in un’epoca gravida di preoccupazioni per la crescente conflittualità militare tra le stesse colonie greche.

La stretta vicinanza del riparo con l’insediamento posto sul Cozzo Iuculia, a controllo della valle del Torcicoda e del lago di Pergusa, nel quale è abbondante la presenza di ceramiche greche coloniali e di importazione, fa pensare alla presenza nell’area di coloni che potevano anch’essi utilizzare il santuario indigeno come luogo di scambio e mediazione con le comunità dell’Ennese.

Alla fine dell’età arcaica, tra la fine del VI e l’inizio del V secolo a.C., il diffuso sistema insediativo proto-urbano che si era andato sviluppandosi nel territorio ennese, entrò in crisi, come documentato dal contemporaneo abbandono dei centri indigeni localizzati su Cozzo Matrice, Monte Carangiaro e Monte Iuculia, dalla fine della lunga frequentazione del santuario fluviale di Contrada S. Tommaso, e dallo spopolamento delle colline intorno a Calascibetta, testimoniato dalla fine dell'utilizzo delle tante necropoli rupestri come quelle di Realmese e Vallone Calcarella. Per ragioni di difesa in un’epoca di grande insicurezza, ma anche per la competizione culturale nei confronti della sviluppata civiltà urbana del mondo greco coloniale, è probabile che le comunità indigene si trasferirono dai centri meno difendibili sull’imprendibile rocca di Enna.

Fig.1

Carta IGM di Enna e del suo territorio con la posizione del Riparo di Contrada S. Tommaso

Fig.2

Vedute della valle del fiume Torcicoda

Fig.3

Veduta del canyon del fiume Torcicoda

Fig.4

Il Riparo di Contrada S. Tommaso

Fig.5

Il Riparo di Contrada S. Tommaso, particolare

Fig.6

La paleosuperficie dell’età del Bronzo messa in luce alla base del Saggio 1

Fig.7

Il muro di età greca arcaica del santuario fluviale di S. Tommaso

Fig.8

Ortofoto del territorio di Enna con indicazione dei siti di età greca arcaica

 

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Note legali

Credits: sito web realizzato da Ilaria Limblici per Libri&Altrove

 

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