"Core 'ngrato", un successo intramontabile che non conosce confini.

di Pippo Lombardo

"Core 'ngrato" è una celebre canzone napoletana del 1911, scritta da Alessandro Sisca (noto anche come Riccardo Cordiferro) per il testo, e musicata da Salvatore Cardillo. È una delle poche canzoni napoletane famose scritte da autori che vivevano all'estero, poiché entrambi erano emigrati negli Stati Uniti, rendendo il brano un simbolo dell’esperienza di migrazione italiana dell’inizio del Novecento.

"Core 'ngrato" si distingue per la sua intensità emotiva e la semplicità con cui esprime il dolore del protagonista per un amore non corrisposto. La canzone racconta il lamento di un uomo che si rivolge all'amata, Caterina, accusandola di essere un “cuore ingrato” per averlo abbandonato e fatto soffrire. Il testo è scritto interamente in napoletano, una scelta che riflette le radici profonde nella tradizione musicale partenopea, anche se gli autori erano ormai lontani dalla loro terra d’origine.

Riccardo Cordiferro, nome d'arte di Alessandro Sisca, napoletano per parte di madre, era un poeta e giornalista originario di San Luca, in Calabria. Cordiferro è stato una delle figure di spicco della comunità italiana negli Stati Uniti, dove si è affermato come attivista e scrittore, denunciando le condizioni di vita degli immigrati italiani e la discriminazione che affrontavano. Nonostante la sua carriera letteraria, è oggi ricordato soprattutto per "Core 'ngrato", una delle sue rare incursioni nel mondo della musica. Salvatore Cardillo, invece, era un compositore nato a Napoli, che si trasferì negli Stati Uniti giovanissimo. Oltre a "Core 'ngrato", scrisse diverse altre opere musicali, ma questa rimane di gran lunga la sua composizione più famosa, grazie anche al potere emotivo e alla forza melodica del brano, che si presta perfettamente all'interpretazione lirica. Infatti, essendo una canzone ricca di pathos, "Core 'ngrato" è diventata particolarmente popolare nel repertorio di grandi tenori, grazie alla sua intensità che permette all’interprete di esprimere una vasta gamma di sentimenti, dal dolore alla rabbia. Tra gli interpreti più celebri ricordiamo Enrico Caruso, il celebre tenore napoletano, probabilmente ancora insuperato, fu tra i primi a registrare la canzone, rendendola famosa in tutto il mondo. Il legame emotivo di Caruso con Napoli e le sue straordinarie capacità vocali resero la sua versione una delle più toccanti e memorabili. Una curiosità particolare riguarda la versione originale cantata da Enrico Caruso. Pare che Caruso fosse particolarmente legato alla canzone perché rifletteva la sua situazione personale all'epoca. La sua amante, Ada Giachetti, con la quale aveva vissuto una lunga e tormentata relazione, lo aveva abbandonato, causando in lui grande sofferenza. Secondo alcune fonti, Caruso sentiva profondamente il significato del testo, e alcuni critici ritengono che la sua interpretazione del 1911 fosse in parte una dichiarazione personale, tanto che il nome "Caterina", presente nel testo, potrebbe essere stato scelto come pseudonimo per non nominare direttamente Ada Giachetti. Inoltre, c’è un’interessante differenza nella versione di Caruso: nel testo originale, in alcune esibizioni dal vivo e registrazioni si nota che Caruso accentua e prolunga certe frasi musicali, conferendo un’intensità emotiva ineguagliabile. Questa particolare interpretazione ha influenzato molte delle versioni successive, con tenori che cercano di riprodurre o reinterpretare quella tensione emotiva che Caruso riusciva a esprimere nella sua performance.

Tra gli altri interpreti certamente vanno ricordati Giuseppe Di Stefano e Luciano Pavarotti, voci tra le  più famose del XX secolo, i quali inserirono spesso "Core 'ngrato" nel loro repertorio, dandole nuova vita con la loro voce calda e potente. Le loro interpretazioni sono divenute iconiche, riuscendo a bilanciare perfettamente la malinconia del testo con la forza melodica della musica.

Qui vanno sottolineate altre curiosità legate a questo celeberrimo brano musicale, a partire dai suoi significati legati all’emigrazione e alla nostalgia. Infatti,  "Core 'ngrato" riflette anche la condizione dell’emigrazione. Anche se apparentemente racconta solo una storia d’amore infelice, molti critici vi hanno visto un simbolo della sofferenza degli emigrati italiani che, lontani dalle loro terre, sperimentavano un forte sentimento di nostalgia e di tradimento verso la patria che avevano dovuto lasciare. Va aggiunto che tale brano è l’unico esempio di successo internazionale già al suo apparire, se si considera che  è una delle poche canzoni napoletane ad essere stata scritta interamente fuori dall'Italia e a raggiungere molto presto un successo globale. Questa anomalia la rende una canzone speciale all'interno del vasto repertorio della musica napoletana. Infine, ancora oggi nonostante la globalizzazione della sua fama, il brano è rimasto fedele alla lingua napoletana, un tratto distintivo che ne ha garantito la continuità e l’autenticità, contribuendo a mantenerlo un classico nel repertorio canoro sia lirico che popolare.

Quindi, "Core 'ngrato" è molto più di una semplice canzone d'amore: è un esempio di come la musica possa attraversare confini geografici ed emozionali. La sua melodia malinconica e il testo struggente, arricchiti dalle interpretazioni di alcuni dei più grandi tenori della storia, continuano a commuovere ascoltatori di tutto il mondo, confermando il suo posto nel pantheon delle grandi canzoni napoletane.

Testo

«Catarì, Catarì,
Pecché me dice 'sti parole amare,
Pecché me parle e 'o core
Me turmiente, Catarì?

Nun te scurdà ca t'aggio dato 'o core, Catarì
Nun te scurdà

Catarì, Catarì, che vene a dicere?
'Stu parlà che me dà spaseme
Tu nun ce pienze a 'stu dulore mio
Tu nun ce pienze, tu nun te ne cure

Core, core 'ngrato
Te haje pigliato 'a vita mia
Tutto è passato
E nun ce pienze cchiù

Catarì, Catarì,
Tu nun 'o ssaje ca 'nfine 'int'a na chiesa
I' so' trasuto e aggio priato a Ddio, Catarì
E l'aggio ditto pure ô cunfessore:
"I' sto a suffrì
Pe chella llà"

Sto a suffrì,
Sto a suffrì, nun se pò credere,
Sto a suffrì tutte li strazie
E 'o cunfessore ca è persona santa,
M'ha ditto: "Figlio mio, lassala stà, lassala stà"

Core, core 'ngrato
Te haje pigliato 'a vita mia
Tutto è passato
E nun ce pienze cchiù»

 

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