TERZA PARTE
INVESTIGANDO SUL GIALLO
Definizione del genere
Il genere giallo è un genere che si caratterizza per la presenza della rappresentazione di un evento criminoso e per la narrazione di un’inchiesta. Il suo inizio si fa tradizionalmente risalire alla metà del XIX secolo.31
Definire il giallo comporta il restringerne o allargarne i confini. Detta operazione inevitabilmente incide sui generi che vengono ritenuti contigui al giallo stesso. Il problema di questa operazione si pone specialmente in tempi recenti, data la proliferazione di termini impiegati a proposito del giallo o di altri fenomeni letterari che a questo sono connessi o vi stanno intorno. Infatti, si parla talvolta di “giallo classico”, “giallo deduttivo” o “giallo storico”. Altre volte si utilizzano nomi o sinonimi alternativi a “giallo”: noir, “poliziesco” o “detective story”. Altre volte si fa ricorso a locuzioni per indicare determinate forme espressive del giallo come “whodunit”, “hard-boiled”, “thriller” o “police procedural”. A ben vedere, tuttavia, il significato del “giallo” ha finito per assumere un’estensione variabile e ciò non soltanto per via della concorrenza di tanti termini usati in questa materia ma anche a causa dell’ambiguità che ha progressivamente avvolto lo stesso termine “giallo”. Agli estremi di quest’ambito di variazione è possibile ritrovare due visioni opposte, ovvero il giallo in senso stretto, che coincide con il giallo classico, e il giallo in senso ampio, caratterizzato da un background che si interseca con le più variegate realtà criminali e con le successive e necessarie indagini. Diventa pertanto indispensabile comprendere quanto estesi siano i confini del giallo, se, infatti, debbano ricomprendere tutto ciò che attiene al crimine oppure se debbano limitarsi ad includere esclusivamente le situazioni in cui del crimine si racconta in determinati modi o con determinati contenuti.32
Il rapporto del giallo con gli altri generi
Innanzitutto, prima di affrontare il fulcro del tema, è necessario tenere sempre in considerazione che, in letteratura, eventuali classificazioni e distinzioni sono pur sempre orientativi: quando si pondera l’eventuale classificazione in generi, automaticamente si pongono dei limiti fra i generi. Bisogna, però, tenere a mente che tali limiti sono, in realtà, sfumati ed elastici e che non potranno mai vincolare la creatività degli scrittori, i quali si sentiranno inevitabilmente liberi di attraversarli come e quante volte vorranno.33
31 M. Sesti, «Giallo, genere», Treccani, https://www.treccani.it/enciclopedia/genere- giallo_%28Enciclopedia-del- Cinema%29/#:~:text=Genere%20letterario%20caratterizzato%20dalla%20rappresentazione,alle
%20opere%20di%20E.A.%20Poe.&text=polizi%C3%A9sco%20polizi%C3%A9sco%20Genere
%20letterario%20e%20cinematografico., 2003.
32 C. Zaza, Il giallo, origini, protagonisti e segreti di un genere, Bari, Giazira Scritture Edizioni, 2020, pp. 19–20–21.
33 ivi, p. 25.
Il giallo, come detto in precedenza, risulterebbe come un assorbimento, dunque, di altri generi. Uno di questi è il noir, che potrebbe essere considerato una sua estensione in virtù di diverse modalità e toni di scrittura.
Dal parere autorevole di uno scrittore tra i maggiori interpreti del noir, Massimo De Cataldo34:
Il noir privilegia i raccordi emozionali, il giallo classico la razionalità della trama. Il noir immerge il protagonista in un universo contaminato da un male disseminato e diffuso, tanto che, immancabilmente, egli ne resta contagiato, mentre il giallo pone in contrasto il male, individuale o sociale che sia, con la carica positiva manifestata dal rappresentante del bene. Il giallo è una scrittura di ordine, al termine della quale il corpo infettato dalla malattia trova la sua guarigione; nel noir, che è scrittura di disordine, non esiste guarigione.
L’aspetto che, dunque, differenzia i due generi è da individuare nella risoluzione o meno del conflitto; la guarigione della malattia del male di cui parla De Cataldo: nel noir il conflitto non si risolve e, di fatto, non è ponderata la possibilità che una soluzione vi sia o meno. Chi scrive noir intende rappresentare il crimine nelle sue manifestazioni psicologiche, interpersonali o sociali. Nel giallo, invece, la storia ha la sua naturale conclusione nella soluzione del conflitto e nella riaffermazione della legalità, o comunque nel disvelamento del crimine.35
Allora, il noir, caratterizzato da un punto di vista narrativo che è quello del crimine, cambiando punto di vista, quasi sfumando la propria tonalità, sfocia nel giallo, contraddistinto dal punto di vista della legalità.
Se, dunque, prevale nel giallo il punto di vista della legalità e di chi ne fa parte, la vicenda verrà narrata secondo la prospettiva di un investigatore, il quale dovrà risolvere un crimine, e dunque un mistero; «Dove c’è un giallo, in altre parole, c’è sempre un mistero da risolvere».36
Ciò, d’altro canto, ci porta a considerare il giallo come una mutazione diretta del genere mystery, il quale raccoglie narrazioni che si contraddistinguono dalle altre per la presenza di un mistero al suo interno. Le storie racchiuse all’interno di questo genere presentano un mistero che non per forza debba trovare una sua spiegazione o risoluzione; cosa che nel giallo è assolutamente essenziale. In conclusione del discorso, possiamo affermare quanto segue: «Il giallo, dunque, si trova alla confluenza di due mondi letterari. All’esterno dei suoi confini, il mondo del noir e quello del mystery rimangono al loro stato originario, con le caratteristiche essenziali che sono proprie di questi generi nel raccontare, rispettivamente, del crimine e del mistero. All’interno, l’essenzialità del giallo comprende sia il mistero che il crimine».37
34 Come si esprime lo scrittore Massimo De Cataldo in un’intervista di Giacomo Brunetti riportata in AA. VV, Dietro le quinte del noir, gli addetti ai lavori si raccontano, a cura di A. Calanchi, Fano, Aras Edizioni, 2014, p. 21.
35 C. Zaza, Il giallo, origini, protagonisti e segreti di un genere, Bari, Giazira Scritture Edizioni, 2020, pp. 23–24–25.
36 ivi, p. 29.
37 ivi, p. 31.
Le origini del giallo
Il giallo nasce, dunque, dalla commistione di altri generi. Individuarli è l’esatto punto d’inizio per poter comprendere quali siano state le prime opere appartenenti a questo genere.
Per risalire alle origini del giallo è necessario cercare il primo racconto giallo, ovvero un generico testo letterario. È opportuno, infatti, per ora, tralasciare la distinzione tra racconto in senso proprio e romanzo. Per compiere questa operazione sarà necessario tenere presente due fondamentali aspetti: l’indagine sul mistero riguardante un crimine e la componente “non gialla”, la quale accompagna e circonda l’indagine fino alla sua conclusione. Infatti, i gialli da sempre hanno contenuto divagazioni al tema principale della vicenda criminale di cui l’investigatore si interessa e che fanno comunque parte del mondo di quest’ultimo. Perché il racconto possa rientrare nei canoni del giallo, è opportuno che vi sia il congruo bilanciamento tra i due elementi. Questi sono gli spunti di riflessione che hanno animato coloro che si sono sperimentati nel tracciare il percorso storico del genere giallo e che hanno rintracciato un anno cui attribuire un vero e proprio spartiacque: il 1841.38
Proprio in quell’anno Edgar Allan Poe pubblicò l’opera “I delitti della Rue Morgue” (The murders in the Rue Morgue), il cui protagonista è il detective Auguste Dupin, il quale grazie alle sue capacità deduttive è in grado di risolvere casi criminali senza aver la necessità di recarsi nel luogo del delitto.39 Dunque, il primo racconto in cui sono compresenti i due aspetti fondamentali del giallo si caratterizza per l’intervento di un personaggio motivato dalla necessità di scoprire verità nascoste sotto le apparenze e la presenza di un crimine.
Adesso, è doveroso chiedersi quale sia il primo giallo scritto nella diversa forma del romanzo e chi sia l’autore al quale appartiene. A tal riguardo, è necessario precisare che il primato è stato a lungo conteso, e lo è tuttora, tra due romanzi, e di conseguenza tra due autori.
Wilkie William Collins pubblicò il suo “La pietra di luna” (The moonstone) nel 1868. Molti studiosi, invero, attribuiscono a tale romanzo il riconoscimento della prima detective story, in quanto sono riuniti in esso tutti gli ingredienti tipici della formula poliziesca: l’investigazione; il detective professionista; la creazione di suspense e di false piste; pedinamenti e appostamenti; una giusta dose di mistero e di gotico per confondere il lettore. Inoltre, la storia de “La pietra di luna” risulta come un montaggio di diari privati, lettere, documenti e testimonianze appartenenti a più personaggi. Infatti, Collins cambia continuamente narratore, creando «allo stesso tempo un romanzo sfaccettato, in cui ciò che accade dipende dai punti di vista soggettivi dei personaggi, per cui il confine tra verità e menzogna diventa labile e sfuggente».40 Di fatto, «La particolarità della storia è la sostanziale assenza di un protagonista investigativo. […] Ciò non toglie che il mistero sul crimine sia risolto da un’indagine, anche se in questa forma, per così dire “collettiva”.
38 C. Zaza, Il giallo, origini, protagonisti e segreti di un genere, Bari, Giazira Scritture Edizioni, 2020, pp. 54–55–61–62.
39 La Repubblica, «Il romanzo giallo», https://scuola.repubblica.it/toscana-firenze- smsdantealighieri/2019/02/10/leggere-il-romanzo-giallo/, 2009.
40 A. Bullo, «La pietra di luna – Wilkie Collins», Thriller Café, https://www.thrillercafe.it/la- pietra-di-luna-wilkie-collins/, 05/11/2016.
Di un romanzo giallo, dunque, si tratta. Più romanzo che giallo, forse; ma del resto è alla dimensione romanzesca, nel gioco dei personaggi coinvolti nell’intreccio, che Collins si diceva esplicitamente interessato».41
Tuttavia, nel 1863, e dunque cinque anni prima della pubblicazione de “La pietra di luna”, Émile Gaboriau, associato comunemente al genere del feuilleton, scrisse un romanzo poliziesco sul tipo di quelli di Poe, che tanto lo entusiasmarono nella traduzione di Baudelaire, pubblicando il suo “L’affaire Lerouge”. La trama del romanzo inizia con un crimine e prosegue con le relative indagini. Anche in questa narrazione sono diversi i personaggi chiamati a risolvere il caso: Gévrol, il capo della polizia, funzionario ligio al dovere; l’anziano pensionato Tabaret e Daburon, il giudice istruttore. Sarà Tabaret a risolvere l’enigma, dopo che la polizia ha fallito e ha pure arrestato un innocente.42
Inoltre, è già presente, all’interno del romanzo, la figura di Lecoq, che qui è un semplice agente di polizia francese. Nei successivi due romanzi, “Le crime d’Orcival” e “Le dossier 113”, pubblicati entrambi nel 1867, ancora una volta prima de “La pietra di luna” di Collins, l’attenzione di Gaboriau si sposta da Gévrol, Tabaret e Daburon a Lecoq, che nel frattempo è stato promosso ad ispettore.
Quindi, è stabilito che “L’affaire Lerouge” è il primo romanzo giallo, seguito da “Le crime d’Orcival” e “Le dossier 113”, nei quali è protagonista Lecoq (nome che ricalca quello di Vidocq43), che può dunque vantare il titolo di primo investigatore protagonista di un romanzo giallo.
Abbiamo concertato che il primo racconto giallo è “I delitti della Rue Morgue” (1841) di Edgar Allan Poe, con protagonista l’ispettore Dupin, e individuato il primo romanzo giallo tra le pagine de “L’affaire Lerouge” (1863) scritto da Émile Gaboriau, nel quale compare Lecoq.
Detto ciò, non è un caso che proprio Arthur Conan Doyle nel suo primo romanzo investigativo del 1887, “Uno studio in rosso” (A study in scarlet)44, decida di citare, attraverso le parole del Dottor Watson, Dupin prima e Lecoq dopo, paragonandoli al suo amico Sherlock Holmes.
«Spiegata così, la cosa sembra abbastanza semplice. Lei mi ricorda il Dupin di Edgar Allan Poe. Non avevo idea che simili persone esistessero nella vita reale».
E poi
«Ha letto le opere di Gaboriau? Lecoq è all’altezza della sua concezione dell’investigatore ideale?».
Tralasciando il disprezzo che Holmes nutre per i personaggi letterari citati da Watson, rispetto ai quali, per la pura superbia che lo contraddistingue, si reputa più valido, non sorprende che Watson ricerchi un modello letterario attraverso il quale paragonare il
41 C. Zaza, Il giallo, origini, protagonisti e segreti di un genere, Bari, Giazira Scritture Edizioni, 2020, pp. 82–83.
42 P. Ferrucci, «DetFic 19: Émile Gaboriau», https://ferrucci.blog/2013/09/03/detfic-19-emile- gaboriau/, 03/09/2013.
43 Eugen Francois Vidocq, vissuto tra il 1775 e il 1857, fu un criminale e successivamente, nel 1811, collaboratore della polizia francese. Vidocq fu incaricato di organizzare un’unità di investigazione in abito borghesi, intenta all’infiltrazione in ambienti delinquenziali.
44 A. C. Doyle, Uno studio in rosso, Trento, Mondadori, 2019, p. 25.
metodo investigativo del suo collega e che la scelta di questi modelli ricada proprio su Dupin e Lecoq.
A proposito di Sherlock Holmes, la comparsa sulla scena letteraria dell’investigatore di Conan Doyle segna la fine di un ciclo letterario appartenente alla detective story e l’inizio di un altro periodo. A partire dal 1887, infatti, con la comparsa nella scena letteraria di “Uno studio in rosso”, «il giallo tende a concentrarsi sul crimine, sull’indagine che ne risolve il mistero, sul metodo con il quale l’investigatore ottiene tale risultato e, di conseguenza, sull’investigatore stesso […]. In questa prospettiva, se il genere comincia con Poe ne “I delitti della Rue Morgue”, e fa il suo primo ingresso nel mondo del romanzo con Gaboriau e il suo “L’affaire Lerouge”, nelle storie di Conan Doyle trova un nuovo inizio. E questo non solo per il suo divenire giallo allo stato puro, in cui la soluzione del caso criminale costituisce l’essenza del racconto; ma anche perché l’indagine acquisisce una dimensione scientifica […]. La scientificità di Conan Doyle si manifesta specificatamente nell’interezza della sua opera e nella organicità della sua rappresentazione del metodo investigativo di Holmes».45 Una sorta di rivoluzione scientifica, pertanto. Infatti, il corpus di romanzi e racconti racchiusi sotto il nome di Sherlock Holmes è considerato ormai da tempo per gli studiosi del genere un vero e proprio canone: al suo interno vi è teorizzato e praticato un metodo investigativo ed è presente una mole di situazioni e di crimini tutti differenti che configura, di fatto, una vera e propria enciclopedia.
La nascita del giallo in Italia
«Dicono che da noi mancano i detectives, mancano i policeman e mancano i gangsters. Non si dimentichi che questa è la terra dei Borgia, di Ezzellino da Romano, dei Papi e della Regina Giovanna».46
A lungo critici e scrittori hanno discusso sull’importanza più o meno rilevante del poliziesco nel panorama letterario italiano, sul suo valore educativo e culturale, sulla possibilità di categorizzarlo nella serie A o nella serie B della nostra narrativa.47
Non sono, infatti, mancate opinioni negative in tal senso. La più rilevante, probabilmente, fu quella dello scrittore e critico Alberto Savinio, il quale, nel 1938, scriveva sul settimanale Omnibus che «la letteratura plebea che in principio fu detta poliziesca e poi, dal colore dei libri che la contengono, gialla, soddisfa i gusti più bassi degli uomini».48
Chissà cosa penserebbe Savinio se sapesse che proprio quell’Italia provinciale, che a lui non sembrava adatta ad essere terra di delitti e di misteri, è stata presa di mira da decine di autori italiani e stranieri. Del resto, quello giallo è un genere che consente a coloro che lo sposano di mostrare pregi e difetti del nostro territorio nonché costumi e
45 C. Zaza, Il giallo, origini, protagonisti e segreti di un genere, Bari, Giazira Scritture Edizioni, 2020, pp. 94–95.
46 Cit. di Augusto De Angelis da L. Crovi, Storia del giallo italiano, Venezia, Marsilio Editori, 2020, p. 15.
47 L. Crovi, Storia del giallo italiano, Venezia, Marsilio Editori, 2020, p. 16.
48 G. Aluffi, «Novant’anni in giallo: da noi il crimine paga sempre», La Repubblica, https://www.repubblica.it/venerdi/2019/03/22/news/giallo_gialli_mondadori_anniversario_90_a nni-300785845/, 22/03/19.
malcostumi, facilitando la narrazione attraverso le sue città e i caratteri delle persone che le abitano e puntando su investigatori singolari, i quali sono diventati non solo beniamini del pubblico ma anche testimoni dei cambiamenti della nostra società. Ispettori, avvocati, giornalisti, commissari, detective, agenti della Squadra mobile, investigatori privati, uomini qualunque che hanno percorso, o abbandonato, le strade della legge e della criminalità.49
La strana morte del signor Benson di S.S. Van Dine, L’uomo dai due corpi di Edgar Wallace, Il mistero delle due cugine di Anna K. Green e la raccolta di racconti Il club dei suicidi di Robert L. Stevenson. Nasce così la collana Mondadori, edita dal 1929 al 1941, I Libri gialli. Le opere citate avevano una copertina di cartone rigido su cui spiccavano evocative illustrazioni colorate racchiuse in un esagono rosso. Il dettaglio più importante era lo sfondo che, su quelle copertine, aveva un colore che ben presto sarebbe diventato sinonimo di mistero, di film poliziesco, di caso di cronaca nera insoluto: il giallo.50
A partire dal 1931 le case editrici italiane vengono obbligate dal Regime a pubblicare presso le loro collane almeno il 15 per cento di opere di autori italiani. Si può parlare di un vero e proprio reclutamento dei giallisti italiani, duramente vincolati dalla censura fascista, i quali devono tenere alto il Tricolore di fronte alla superproduzione poliziesca estera. Successivamente, nel 1937, il regime fascista stabilì che i criminali dovevano essere sempre stranieri e finire sempre assicurati alla giustizia. Tuttavia, ben presto, il Regime finì con il ritenere troppo sovversive e pericolose le iniziative editoriali legate al mondo del thriller, così le stesse furono soppresse definitivamente nel 1941. Non solo! Venne disposto che entro il 31 luglio del medesimo anno venissero sequestrati
«tutti i romanzi gialli in qualunque tempo stampati e ovunque esistenti in vendita». Nel successivo mese di ottobre, poi, venne chiusa per prima la collana de I Libri gialli Mondadori e, successivamente, numerose altre.51
Dopo la caduta del Fascismo, seguirono anni di grande vitalità editoriale anche con riguardo al genere giallo. A questo periodo storico deve riconoscersi una grande attività di ricerca e di scoperta, con la pubblicazione di autori eminenti e di titoli che attualmente sono considerati mostri sacri della letteratura gialla di genere.52
Il giallo, come diceva Leonardo Sciascia, «è una sorta di gabbia entro la quale si possono dire tantissime cose, compresa la radiografia del mondo moderno».53
Il resto è storia attuale.
49 L. Crovi, Storia del giallo italiano, Venezia, Marsilio Editori, 2020, pp. 16–17–18.
50 G. Aluffi, «Novant’anni in giallo: da noi il crimine paga sempre», La Repubblica, https://www.repubblica.it/venerdi/2019/03/22/news/giallo_gialli_mondadori_anniversario_90_a nni-300785845/, 22/03/19.
51 L. Crovi, Storia del giallo italiano, Venezia, Marsilio Editori, 2020, pp. 61–68–77.
52 S. Marchesi, «Le origini del giallo in Italia», Giallo e noir, http://guide.supereva.it/giallo_e_noir/interventi/2005/03/201733.shtml, 2015.
53 Cit. di Leonardo Sciascia da L. Crovi, Storia del giallo italiano, Venezia, Marsilio Editori, 2020, p. 22.
Gli elementi caratterizzanti il giallo
Al pari di ogni altro genere, anche il giallo si caratterizza per la ricorrenza di taluni elementi che figurano nella narrazione. La struttura narrativa generalmente segue uno schema rigido. Viene immediatamente rappresentata la situazione iniziale e viene, dunque, rappresentato l’enigma da sciogliere. Successivamente, la digressione continua dando atto dello sviluppo delle indagini, quindi l’investigatore raccoglie indizi, segue delle piste, formula ipotesi sul movente e così via discorrendo. In definitiva, l’investigatore risolve l’enigma. I luoghi possono essere reali o verosimili, aperti o chiusi, e a seconda della tecnica utilizzata dall’autore per la loro descrizione, il lettore potrebbe addirittura avere l’impressione di ritrovarsi sulla scena e di partecipare direttamente all’indagine. La narrazione può essere condotta in prima o terza persona. Generalmente viene impiegato il discorso indiretto e utilizzato un linguaggio colloquiale, elementi che favoriscono il coinvolgimento del lettore.
Benché i personaggi impiegati nei racconti gialli spesso includano la vittima, l’aiutante, i sospettati e il colpevole, è indiscusso che il protagonista per eccellenza si rintracci nella figura dell’investigatore, il quale costituisce il riferimento della prospettiva dalla quale il giallo è raccontato. Una prospettiva naturalmente interna alla storia; perché è dall’interno che la fa vivere a chi la legge.
Il fondamentale ruolo dell’investigatore
Relativamente la scelta del tipo di investigatore, ciò che influenza lo scrittore è generalmente il dato culturale e, quindi, il modello ideale a cui tende un sistema processuale. A tal proposito, è necessario tracciare brevemente le differenze tra i principali modelli processuali, ovvero quello anglosassone e quello continentale. Lo scrittore che predilige il primo modello tendenzialmente affiderà l’indagine ad un investigatore privato, a differenza dell’autore che, al contrario, opterà per il modello continentale. In questo caso protagonista sarà un investigatore istituzionale. Va da sé che detta scelta coincide con il luogo prescelto per l’ambientazione e dunque il suo sistema processuale. Il principio ispiratore del sistema anglosassone, ad esempio, conferisce maggiore autonomia all’investigatore, poiché le parti del processo penale hanno un ruolo paritario dinnanzi al giudice imparziale, potendo queste liberamente concordare persino l’ipotesi di reato da ascrivere all’imputato. In questo sistema, pertanto, l’investigatore privato ha tradizionalmente uno spazio tutt’altro che irrilevante: collabora con la difesa nelle indagini per la raccolta delle prove a sostegno dell’innocenza dell’imputato, o per la confutazione di quelle dell’accusa; riceve incarico da una persona coinvolta, a prescindere dalla ragione, nella vicenda criminale raccontata; può o meno collaborare con gli organi inquirenti. Il sistema processuale continentale, e cioè quello adottato in Europa, è imperniato su giudici professionali, salvo che per l’integrazione con le giurie popolari nei processi per reati di particolari gravità. Rispetto al ruolo del giudice, pertanto, l’accusato rimane in una posizione di subalternità. È chiaro che in un siffatto sistema l’operatività di un investigatore privato sia certamente limitata. L’investigatore istituzionale, solitamente protagonista delle storie ambientate nei Paesi che adottano tale modello, dal canto suo, dispone di qualcosa che l’investigatore privato non può avere: un apparato di persone, di strumenti e di contatti che gli consentono di organizzare le indagini.
Tutto ciò concerne il punto di vista interno al giallo. Tuttavia, occorre tenere conto anche del punto di vista esterno allo stesso, ovvero quello del lettore.54
Autore, investigatore, lettore
Spostare il punto di vista da quello dell’investigatore a quello del lettore significa passare dall’interno all’esterno della storia. Eppure, nella maggior parte dei casi il lettore finisce con l’entrare in un qualche modo nella storia. Detta operazione, così come sostiene Umberto Eco, viene compiuta dal lettore a seguito dell’interpretazione del testo. Si tratta di un’attività che talvolta necessita il superamento dell’ambiguità dovuta al linguaggio stesso. Di conseguenza il lettore dovrà individuare, fra i possibili significati di un’espressione, quella maggiormente coerente con il contesto. Ma quella dell’interpretazione non è l’unica attività investigativa compiuta dal lettore. Talvolta, infatti, questi va oltre e formula persino delle previsioni sui possibili sviluppi della storia, in base alle informazioni che fino a quel momento gli sono state fornite dall’autore, fino a prevedere uno o più possibili finali.
L’autore può anche interagire a sua volta con il lettore. Chiaramente, non si rivolgerà nello specifico alla persona che legge il racconto, ma ad un’idea astratta di lettore alla quale farà mentalmente riferimento scrivendo il racconto. Fin qui si è parlato di una cooperazione del lettore nella storia.55
Il giallo, però, oltre alla storia dell’indagine e del suo contesto, ne contiene un’altra, non attinente all’indagine. Il lettore del giallo è indotto ad elaborare ipotesi anche su questa seconda storia. In questo secondo caso, però, il lettore formula soltanto una complessiva ipotesi di ricostruzione di tutta la storia, la quale rimane ignota e da accertare. I due livelli di lettura del giallo sono comunque tendenzialmente paralleli. Infatti, le previsioni del lettore sulle evoluzioni della storia vanno al passo con le sue ipotesi sul crimine. A guidare il lettore durante l’intera narrazione e a determinare il suo approccio alla lettura è, ad ogni modo, l’autore. È l’autore, infatti, a dover immaginare cosa e come un lettore ideale, che si trovi alla presenza del testo che sta scrivendo, possa prevedere gli sviluppi del racconto. Ecco perché quest’ultimo è la vera mente del racconto.56
Il giallo per narrare ombre e labirinti dell’animo umano
La principale ragione per cui un vasto pubblico legge romanzi polizieschi si deve, probabilmente, al fatto che «l’effetto certo dei mezzi di terrore e di pietà, quando li si adopera senza precauzione, è lo sgomento e la fuga dei pensieri, insomma una meditazione senza distacco, come nei sogni». La lettura di un poliziesco è, nel senso più proprio della parola, passatempo: il tempo non più portatore di pensiero o di pensieri, non più scandito da condizioni e condizionamenti e la mente diventa una specie di tabula rasa che passivamente registra i dati che solo la mente dell’investigatore conosce e deve decifrare, coordinare e, quindi, infine sommare e risolvere.57
54 C. Zaza, Il giallo, origini, protagonisti e segreti di un genere, Bari, Giazira Scritture Edizioni, 2020, pp. 137–138–140–143–150.
55 U. Eco, Lector in fabula, Milano, Bompiani, 1999, pp. 76–79–87–111–178.
56 C. Zaza, Il giallo, origini, protagonisti e segreti di un genere, Bari, Giazira Scritture Edizioni, 2020, pp. 157–158–182–183.
57 L. Sciascia, Breve storia del romanzo poliziesco, Milano, Corriere della sera, 2014, p. 4.
Questa riflessione elaborata da Sciascia risulta ancor oggi estremamente attuale. L’autore contemporaneo di gialli Carlo Lucarelli, interrogato sul crescente interesse manifestato dai lettori verso questo genere, così si esprime: «Credo che il giallo, in questo momento, rappresenti un ottimo modo per raccontare le cose che succedono, uno strumento letterario privilegiato che serve agli scrittori per descrivere ed al tempo stesso suscitare certe sensazioni di mistero, inquietudine, razionalità, paura. E in questo momento di inquietudine ce n’è tanta, quasi quanto il bisogno di esprimerla». Sciascia e Dürrenmatt consideravano il giallo quale l’unico modo ormai praticabile per parlare di giustizia, verità, colpa e innocenza. A tal proposito Lucarelli continua: «Non so se è l’unico modo, certo è uno dei migliori. Da sempre la sperimentazione del giallo ha per oggetto temi di questo tipo. Ci si confonde quando si dice che l’argomento principale è il delitto, quello semmai è un incidente necessario, ma i veri temi sono altri: appunto la giustizia, la morte, il rapporto tra il vero e il falso. Non a caso gli autori citati chiamavano questo genere non romanzo giallo, ma romanzo dell’inquietudine o romanzo problematico».58
Il giallo, in definitiva, appare come il genere privilegiato per narrare, attraverso la forma del romanzo, la società odierna. Il romanzo nasce di certo come forma di scrittura più adatta a cogliere il molteplice scenario della vita borghese nonché la vita brulicante della società metropolitana. Quasi come una sorta di evoluzione di questa forma di scrittura, che nasce forse dall’impossibilità di descrivere innumerevoli meccanismi psicologici e sociali all’interno della società contemporanea, il romanzo giallo si configura, innanzitutto, come una fotografia della storia dell’uomo dalla Prima Rivoluzione Industriale, dal momento in cui, cioè, iniziò la fase di incremento economico, in linea di massima, presso tutti i Paesi più progrediti. Insieme a tutto questo, d’altro canto, si svilupparono anche diverse dinamiche politico-sociali: società a delinquere, mafie, terrorismo, complotti, esplosioni, rapimenti, omicidi di diversa natura. In secondo luogo, la detective story è caratterizzata dall’infinito scontro tra il bene e il male, dalla consapevolezza dell’investigatore che per quanti crimini egli risolva, non può essere di certo un eroe davanti a tutte le vittime che cadono intorno a lui; vittime di un sistema marcio e di una società in cancrena.
58 B. Manetti, «Mistero e morale, così i gialli raccontano le nostre inquietudini», La Repubblica, https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2003/04/16/mistero-morale-cosi- gialli-raccontano-le-nostre.html, 16/04/2003.
Conclusioni
Lo studio qui condotto ha consentito di trattare, in chiave critica e nei suoi aspetti maggiormente rilevanti, la tematica del genere giallo, con precipua attenzione nei confronti dell’autore Franco Cannarozzo.
La riflessione ha tratto spunto, anzitutto, dal concetto di canone e ci si è soffermati, successivamente, sulla trattazione degli autori ritenuti minori. A tal proposito, risulta naturale chiedersi se detta classificazione risponda, poi, ad un giudizio veritiero che subisce chi lo riceve. Infatti, vi sono minori che sono davvero tali, e altri che lo sono a torto, condannati ad una subalternità da una congerie di cause: la disattenzione di certi critici, il contesto storico in cui le opere in questione hanno visto la luce, la predisposizione personale degli autori all’eremitaggio fisico e spirituale, l’insipienza degli editori che su di essi non hanno creduto fino in fondo.
Dunque è stata analizzata la condizione degli autori minori, di coloro che sono stati minimizzati dalla critica letteraria, e di quanti hanno assunto tale condizione per scelta personale, come Italo Calvino.
Segue un approfondimento biografico sulla figura dello scrittore Franco Cannarozzo, conosciuto ai più con lo pseudonimo di Franco Enna; autore ennese, che lasciata la sua terra natia per carenza di stimoli, ha trovato la propria personale realizzazione in ambito letterario in Svizzera, terra che tanto apprezzava, ove riuscì a trovare impiego, a far data dal 1955, nella collana dei “Gialli Mondadori” grazie al suo amico Alberto Tedeschi, esperto del genere e Direttore della stessa collana. Al di là di qualsivoglia considerazione critica e stilistica, un dato risulta essere incontrovertibile, e cioè che l’autore ennese è stato l’iniziatore assoluto del genere giallo all’italiana, ambientato in provincia, nonché il primo ideatore dei commissari siciliani (ed alla siciliana). Ciò che si può reputare, però, alquanto insolita è la quasi totale amnesia nei confronti dell’autore nell’ambito cittadino ennese. È strano, invero, che uno scrittore che ha riscosso discreto successo in ambito letterario sia stato dimenticato dalla sua Enna ancor prima di morire.
In definitiva, col presente lavoro si è provato a far tornare in auge la figura del giallista Franco Enna, che si reputa meritevole e degno di notorietà e stima, prendendo in considerazione anche il genere giallo, genere prediletto altresì dall’autore ennese per meglio narrare la società italiana degli anni Sessanta e Settanta, dalla Sicilia alle ambientazioni metropolitane.
Considerato da molti genere inferiore o puramente commerciale, si delinea nel capitolo conclusivo una breve e coinvolgente storia del giallo, dalla sua nascita al suo approdo in Italia, dove i romanzi di genere si sono adattati alle specifiche tematiche spinose della nostra società, rivelando una lettura che, tra le righe, cela la presenza pulsante di dinamiche nate da eventi storici, modelli criminali e fobie del Novecento. La detective story risulta essere, per di più, un genere che più di altri riesce a coinvolgere in maniera attiva il lettore, creando, inoltre, un particolare e caratteristico rapporto di competizione o collaborazione tra lo stesso, l’investigatore protagonista del romanzo e l’autore che l’ha ideato.
BIBLIOGRAFIA
Bloom H., The Anxiety of Influence: A Theory of Poetry, New York, Oxford University Press, 1973.
Bloom H., A Map of Misreading, New York, Oxford University Press, 1975. Bloom H., Il Canone occidentale – I libri e le scuole delle età, Milano, BUR, 2008.
Calanchi A., Dietro le quinte del noir, gli addetti ai lavori si raccontano, Fano, Aras Edizioni, 2014.
Calvino I., Lettere 1940-1985, Milano, Mondadori, 2000. Camilleri A., intervista su Travel n. 11, 2000.
Camilleri A., Certi momenti, Milano, Chiarelettere Editore, 2016. Crovi L., Storia del giallo italiano, Venezia, Marsilio Editori, 2020. Doyle A. C., Uno studio in rosso, Trento, Mondadori, 2019.
Eco U., Lector in fabula, Milano, Bompiani, 1999.
Enna F., Riciclaggio. Metodo garantito per trasformare le menzogne in verità per almeno 50 anni, Chiasso, Elvetica Edizioni, 1991.
Enna F., L’occhio lungo, Palermo, Sellerio Editore, 2012.
Ferlita S., I soliti ignoti – Scritti sulla letteratura siciliana sommersa del Novecento,
Palermo, Dario Flaccovio Editore, 2011.
Ferlita S., Le arance non raccolte. Scrittori siciliani del Novecento, Italia, G. B. Palumbo Editore, 2011.
Ferlita S., Il libro è una strana trottola – Genesi e trasformazione della parola letteraria, Palermo, il Palindromo, 2018.
Ferroni G., Prima lezione di letteratura italiana, Roma-Bari, Laterza, 2009. Manganelli G., Il rumore sottile della prosa, Milano, Adelphi, 1994.
Sciascia L., Nero su nero, Milano, Adelphi, 1991.
Sciascia L., Breve storia del romanzo poliziesco, Milano, Corriere della sera, 2014.
Zaza C., Il giallo, origini, protagonisti e segreti di un genere, Bari, Giazira Scritture Edizioni, 2020