
Giovan Battista Moroni
La rivoluzione del ritratto
Da poco si è conclusa la splendida mostra "Moroni (1521-1580). Il ritratto del suo tempo" presso le Gallerie d'Italia a Milano, allestita con lo scopo di celebrare un grandissimo artista italiano che ha rinnovato profondamente il concetto di ritratto nella pittura italiana ed europea del suo tempo, influendo notevolmente sui pittori a venire non solo riguardo alla ritrattistica, ma più in generale sull'impostazione di un'opera a partire da quello studio particolare della luce che caratterizza i suoi dipinti, di cui sono protagonisti "parlanti", e assoluti, uomini, donne, bambini di notevole rango sociale di cui egli fu interprete dei valori che essi incarnavano, ma di cui sono silenziosi protagonisti anche gli spazi che li circondano, gli oggetti che con discrezione sono ammessi a far parte di quella rappresentazione artistica a sottolineare ancor più la realtà oggettiva osservata, suggerendo la storia personale e non solo che fa da sfondo a quelle vite che il pennello sapientemente ha sottratto alla morte, restituendole a una realtà metafisica mirabilmente e misteriosamente affascinante. Un'aura di umanità circonda i suoi soggetti sacri, mentre un'aura di sacralità circonda i suoi soggetti umani e ciò grazie alla resa realistica ricercata con acribia quasi maniacale, che si materializza nell'incarnato, nel vestiario elegante, nei gioielli, nelle nature morte, negli ambienti classicheggianti di colonne spezzate e sculture offese dal tempo, nelle seggiole, nei più minuscoli dettagli dei broccati e delle sete, ma senza soverchiare mai il magnetismo di quegli tutti quegli sguardi umani, anzi umanissimi che ci rivelano un'interiorità psicologica profondamente comunicativa e palpitante, quasi nello sforzo di instaurare un dialogo con l'osservatore che per un attimo sembra condividere la loro quotidianità, fatta di una routine che assomiglia alla sua, che in quanto tale gli consente di accogliere il misterioso e inspiegabile afflato sacro dell'esistenza, della vita, che in questa loro fissità artistica sonfiggono persino la morte, quella della materia, vivificandone lo spirito.
Moroni si impone così come un cantore di un Rinascimento dai toni intimi, non trionfalistici e rifulgenti. Insomma, un Rinascimento ormai da un gran pezzo avviato al tramonto, di cui comunque riesce a catturare appunto gli ultimi bagliori.
Pippo Lombardo