José Saramago - Il vangelo secondo Gesù Cristo

Il vangelo secondo Gesù Cristo – José Saramago

È estremamente risaputo: José Saramago, premio Nobel per la letteratura nel 1998, riesce sempre, attraverso i suoi lunghi periodi di frasi complesse e i numerosi discorsi diretti senza l’utilizzo di virgolette e segni di interpunzione - fuorché virgole e punti - a creare un fiume in piena di inchiostro; un nero torrente che travolge e trascina il lettore direttamente in terre dove, invece, fiumi e acqua scarseggiano, quelle di Galilea e Giudea, circa 2000 anni orsono.

Il vangelo secondo Gesù Cristo, pubblicato nel 1997 da José Saramago, si configura di fatto nel genere agiografico (testimonianze che costituiscono la memoria della vita di un santo e del culto a lui tributato) il quale raccoglie la vita e i miracoli di Cristo. Il romanzo, dunque, si impone come una sorta di “vangelo apocrifo”, cioè non facente parte del canone della Bibbia cristiana, nel quale vengono narrate le vicende di Cristo, dal suo concepimento alla morte.

Il romanzo si apre con una maestosissima ékphrasis (descrizione verbale di un’opera d’arte visiva) di un quadro inerente la Crocifissione di Cristo, che qui funge da cornice dell’opera, oltre ad assumere valenza metanarrativa (l’ékphrasis permette di prefigurare e anticipare il senso del romanzo).

Da qui in poi, il lettore viene condotto dal narratore in Giudea, prefettura della provincia di Siria sotto il dominio dei romani. Qui la gente è estremamente povera e se un uomo non perde la vita a causa della fame o della sete, potrebbe probabilmente morire per mezzo di scorrerie di mercenari, di legioni romane che cercano di mantenere l’ordine nel territorio o per via di un reggente tiranno e nevrotico, Erode, proclamato dai romani re di Israele. Chilometri di deserto separano l’uno dall’altro i piccoli centri urbani, se così possono essere definiti, abitati da giudei umili, che professano una religione diversa dagli occupanti romani, l’ebraismo.

«Vivevano Giuseppe e Maria in un piccolo paese chiamato Nazaret, terra di miseri e di miseria, […] in una casa pressoché uguale a quasi tutte le altre, una sorta di cubo sbilenco fatto di mattoni e argilla, povero fra poveri». Una coppia come tante altre, un falegname e una cardatrice come tanti altri, fino a quando Maria non ricevette da un mendicante la lieta novella: lei concepirà il figlio di Dio.

Ma a questo punto il lettore di questa recensione potrebbe replicare: “Per quale motivo dovrei leggere questo libro e non il Vangelo se volessi saper di più sulla vita di Cristo? Quali novità apporta questo romanzo rispetto ai Vangeli canonici?”

Innanzitutto, Il vangelo secondo Gesù Cristo non si presenta come una copia dei Vangeli canonici. Infatti, per i fini narrativi, l’autore distorce la natura di alcuni avvenimenti, ottenendo come risultato una storia quasi del tutto esclusiva, come se dall’alba dei tempi qualche aspetto inerente sia stato celato. Inoltre, l’autore ci mostra una società fortemente gerarchizzata e, soprattutto, patriarcale, la quale non ammette l’istruzione della dottrina religiosa alle donne, nonché potere decisionale neanche nel nucleo familiare: tutto ciò è riservato al capofamiglia e ai figli maschi. L’uomo, come Giuseppe, in quel di Giudea, è ben legittimato a prevaricare la donna, come Maria, con le parole e con le azioni. Questi e molti altri sono gli aspetti sociali su cui Saramago si sofferma.

Infine, com’è dopotutto intuibile, figura centrale, nonché perno della storia, è Gesù Cristo. Sin dall’acquisto del romanzo mi sono chiesto con forte interesse come l’autore avesse deciso di rappresentare Cristo nella sua narrazione, quale fosse il suo carattere, quali le parole, poi, che avrebbe pronunciato una figura tanto sacra quanto indiscutibile, scoprendo, perciò, con mio grande stupore e soddisfazione, le fattezze di un personaggio comune ma straordinario allo stesso tempo: Gesù è un bambino giudizioso e volenteroso; poi un adolescente testardo e spesso disobbediente, peculiarità tipiche di un ragazzino curioso, dotato di notevoli abilità retoriche che gli permettono addirittura di confutare leggi e aspetti della propria religione con i dottori della legge; è, infine, un uomo umile di spirito che incontra Maria di Magdala, una prostituta, una donna emarginata, e se ne innamora perdutamente, vedendo riflesso in lei l’espressione dell’amore più puro e fedele.

Insomma, in questo romanzo Gesù è in tutto e per tutto umano: uomo tra gli uomini, umile tra gli umili, peccatore tra i peccatori, che incarna le incertezze e le sofferenze tipiche della condizione universale dell’uomo; fino a quando non gli apparirà Dio che lo renderà consapevole, suo malgrado, del ruolo che egli incarna, della funzione dei suoi miracoli e di quella del suo martirio. Tutte le stragi, le guerre e i morti che si susseguono durante e dopo la vita di Gesù, diventano, così, un’opportunità per riflettere sui deboli confini tra bene e male in terra, nonché spazio di riflessione dentro il quale meditare sull’ambiguità e sulla volontà di un Dio padre che qui ci appare distante e non curante del dolore che genera.

Matteo Turco

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