Palazzo reale - Part.

Escorial

Madrid e dintorni

di Pippo Lombardo

Madrid. Il cuore della Spagna. Il suo centro: amministrativo, politico, economico, sociale, culturale, artistico. Almeno questa è stata la mia impressione.

Le sue origini risalgono a tempi remoti, ma sono gli arabi nell'852 a renderla un centro importante, a chiamarla Madrid. Abbastanza recente la sua configurazione urbana che la rende unica: strade spaziose, verde diffuso un po' ovunque, palazzi magnifici per la loro imponenza e per la loro bellezza, con quel tocco di stile italiano che l'ha resa una delle più belle capitali d'Europa, tra le più visitate al mondo, attraente agli occhi dei turisti, per me attraente perchè in qualche modo mi ha fatto assaporare quel tanto quanto basta di comunanza storica, religiosa, culturale, artistica con l'Italia, con la Sicilia in particolare, Madrid come quell'altro lembo di Spagna che ho visitato: Escorial, Toledo.

Ma andiamo per ordine, non voglio farmi travolgere dalle emozioni, scelgo invece di seguire l'articolazione del programma che ha scandito le nostre giornate.

Primo giorno - Mattina

A due passi dall'albergo che ci ha ospitati si trovano i luoghi della nostra visita a Madrid. Prima meta, e non poteva essere altrimenti, il museo del Prado, il più bello dei gioielli madrileni. Come risulta difficile sintetizzare quanto in esso è racchiuso e custodito, non solo per il numero di opere d'arte, ma soprattuto per la loro bellezza assoluta, visto che i capolavori sono veramente tanti. Quindi, è necessaria una cernita, perchè passando di sala in sala, di corridoio in corridoio ecco apparire come vere epifanie opere che meritatamente sono diventate famose a livello planetario.

Ma prima di passare ai dettagli, non posso fare a meno di evidenziare con assoluto orgoglio, sperando di non sembrare provinciale, che ad abbellire le tante pareti del museo sono soprattutto opere di autori italiani, di grandissimo livello, di grande livello. Qualche esempio? Antonello, Raffaello, Tiziano, Veronese, Caravaggio, Artemisia Gentileschi, Crespi, Giordano, Giaquinto.

Va aggiunto che un altro pittore italiano era ospite d'onore con una mostra interamente dedicata a lui, Guido Reni, con un numero considerevole di sue opere, alcune delle quali erano affiancate da altre opere con lo stesso soggetto. Per esempio: il suo Davide e Golia era esposto a fianco del Davide e Golia di Caravaggio, custodito anch'esso al Prado. Un motivo in più che ha impreziosito questa mostra tempornea che ha riscosso un grandissimo successo.

Tante le opere che mi hanno letteralmente folgorato. Ne sclego alcune.

"Cristo crocifisso" del 1631, di Diego Velàzquez. Giunto al cospetto di questa opera di notevoli dimensioni, mi sono sentito come immerso in un silenzio metafisico che avvolge quel dolore umano di quel corpo lacerato, colto proprio nel momento dell'esalazione dell'ultimo respiro, che quasi si sente, proprio mentre il capo trafitto di spine si riversa verso il basso, verso lo spettatore, nell'ultimo atto motorio di consegna all'inesorabile morte. Trionfa la morte, sul genere umano, anche sul figlio di Dio. E quella apparente quiete trafigge l'anima e lascia attoniti davanti all'inspiegabile mistero della vita.

"Saturno che divora i suoi figli" di Francisco Goya, dipinto tra il 1821 e il 1823.

Terrificante nella resa della bestialità irrefrenabile che si consuma davanti agli occhi atterriti dello spettatore, questa opera si impone per la sua cruenza, che riporta a riflessioni su quei comportamenti umani che si consumano nelle guerre, almeno questo mi ha suggerito, durante le quali il debole soccombe, e Saturno efferato si ciba di quelle sue carni. Forse sono altri i significati che andrebbero ricercati in questo mito che viene ripreso dal pittore in un'epoca in cui la Spagna era percorsa da scontri sanguinosi durante i quali persero la vita tantisimi giovani.

"Atalanta e Ippomene" , di Guido Reni, dipinto risalente al 1618-1619. Di grandi dimensioni, racchiude in sè passato mitologico e dinamismo contemporaneo, se si pensa alla storia di questi due giovani che vengono colti con uno straordinario fermoimmagine mentre si consuma la sconfitta della fanciulla dimentica di dover battere nella corsa un altro suo spasimante, Ippomene, che con l'aiuto di Venere vince la gara della corsa seminando i pomi d'oro fornitigli dalla dea, pomi che attrassero la fanciulla che si attardò a raccoglierli. Quanta bellezza in quei corpi dall'incarnato morbido e palpitante di vita, di eros, che prepotenti si impongono su uno sfondo scuro presago, forse, dell'oscurità a cui il genere umano è destinato. Ma intanto davanti agli occchi dello spettatore sembra celebrarsi la danza della vita, della gioventù, rappresentata in quella leggerezza dei corpi che quasi sfiorano il suolo. Una grazia divina sembra effondersi da tanta bellezza armonica di linee e colori.

Che non si pensi, comunque, che non incantino altre opere strepitose come "Las Meninas", "La Maja" o "Il giardino delle delizie" di Bosh, per non citare ancora "Il giudizio di Paride" di Rubens, "L'annunciazione" del Beato Angelico, etc...

 

Primo giorno - Pomeriggio

Protagonista del pomeriggio madrileno è un altro museo, il Thyssen-Bornemisza. Forse poco conosciuto, è stata una vera e propria rivelazione per la sua singolare storia legata al suo fondatore, Heinrich Thyssen-Bornemisza e a suo figlio, per  la ricchezza della collezione, per gli autori che ospita, tra cui cito solo il Beato Angelico, Tiziano, Tintoretto, Caravaggio, Rembrandt, che certamente mi hanno colpito, ma ancor di più mi hanno lasciato ammirato  alcune opere come "Hotel Room" di Hopper, "The Card Game" di  Balthus e "Caffè Greco" di Guttuso.

Poi la ciliegina sulla torta: una mostra temporanea dedicata a Lucien Freud. Opere dal forte impatto visivo, dove l'artista esibisce un'umanità colta in una nudità che   rasenta l'osceno per la resa marcatamente realistica, che esibisce una carne martoriata di soggetti che si impongono sullo spettatore per la loro incontenibile e debordante massa obesa, irreparabilmente pronta a marcire soffocata da quel benessere eccessivo che metaforicamente richiama alla nostra società malata, perchè ipertrofica in ogni sua manifestazione, che Freud ritrae anche in quei personaggi che potremmo definire più "normali", non obesi, ma ugualmente o allucinati o alienati. Esperienza estetica che non lascia indifferenti, anzi attrae con una forza solo apparentemente inspiegabile, vista la condizione antiestetica della varia umanità che il pittore ritrae.

Secondo giorno - Mattina

Madrid ci incanta con la sua struttura urbana. Siamo alla Puerta del Sol (origini del XII sec.), luogo ricco di storia, di cultura e pieno di fascino con le sue tradizioni, come i festeggiamenti della notte del 31 dicembre. Trasmesso alla televisione, l'evento è seguitissimo dagli spagnoli. E, piccola curiosità...nel 1997 Raffaella Carrà ha affiancato un presentatore spagnolo! La scultura "'L'orso e i corbezzoli" giganteggia e rivaleggia, per niente intimorito, dal più blasonato monumento equestre dedicato al re Carlo III di Spagna, collocato nella parte opposta.

L'eleganza di questa piazza senz'altro è l'elemneto che la caratterizza di più.

E basta fare qualche passo più in là che si resta ancora incantati dalla bellezza della Madrid asburgica. Ecco la Plaza Mayor. Semplicemente magnifica nella sua vastità e nella sua signorilità che ti avvolge e ti infonde un senso di benessere, complice magari un raggio di sole che  la fa risplendere di più, rendendola attraente, fascinosa, brulicante di gente ormai dimentica della lugubre tradizione dell'Autodafè che proprio lì, nei secoli dell'Inquisizione, si è perpetuato quale rito atroce che spesso si concludeva con il rogo del condannato. Ora altro che macabri affollamenti di persone coninvolte in quel rito, altro che poveri disperati trascinati su quel selciato con capelli rasati, coperti di sacchi, con berretti da somaro, ora turisti, madrileni, ben vestiti, che indugiano in uno dei tanti locali per consumare un pasto, una bevanda. Tutti, comunque, sprofondati in una serenità effimera, eppure godibilissima.

E se poi tutto questo non basta, si può sempre fare qualche passo più in là e farsi tentare dal ristorante Butìn, il più antico della storia (1725), e non solo per visitarlo, ma anche per assaggiarne le prelibatezze che vengono preparate ieri come oggi. Se le nostre tasche ce lo permettono. E così per un paio d'ore possiamo anche assaporare quel profumo di leggenda che ancora aleggia tra quelle mura che hanno ospitato Hemingway e tanti altri big della letteratura, del cinema, del calcio.

Secondo giorno - Pomeriggio

Ci sorprende letteralmente la vista del Palazzo Reale, tanto è immenso nelle sue dimensioni, tanto si impone monumentale su quella vastissima piazza che ne esalta le colossali dimensioni e la bellezza di un'eleganza settecentesca, tutta italiana. Il genio di Filippo Juvarra, che lo progettò, qui non conosce limiti, si dispiega in un monumento che trionfa per equilibrio, per simmetria, per soluzioni estetiche originali, degni di rappresentare una fastosa dimora di sovrani tra i più potenti e ricchi d'Europa. Del resto stiamo parlando della dimora reale  più grande d'Europa. Stiamo parlando di ben 135.000 metri quadrati su cui si estende e con più di 3400 ambienti. Ma anche  all'interno permane in noi  ospiti ordinari questa impressione di fasto e grandezza, mano a mano che si visitano gli ambienti traboccanti di materie preziose: dai marmi, ai legni, ai vetri, ai metalli preziosi, ai tessuti pregiati. Ambienti in cui si svolgeva la vita quotidiana dei reali, di un quotidiano che, però,  si stenta ad immaginare, tanto si è come abbacinati dal luccichio che si spande tutto intorno. Eppure proprio lì, anche lì, in quegli ambienti, così "paradossali" per noi comuni mortali, si vivevano sentimenti umani: invidia, gelosia, amore, odio, nostalgia, malinconia, proprio come li vive qualsiasi essere umano, con o senza corona, con o senza abbigliamento prezioso, con o senza potere. E chissà quanti sospiri, quante lacrime, quante speranze, quanti bisbigli, quante gioie, si sono susseguiti tra quell'umanità eterogenea che popolava quel palazzo! Dalle teste coronate fino ad arrivare allo sguattero più umile rintanato chissà in quale angolo remoto tra quelle splendide mura, ma in egual modo tutti accomunati da palpiti esenti dall'angoscia esistenziale.  Tutti transeunti, perchè non c'è potere, non c'è ricchezza che lusinghi Atropo, l'inevitabile, che ci consegna imperturbabile alla morte. E nel turbinio in cui si viene coinvolti, fin quasi a restarne frastornati, si passa di ambiente in ambiente mentre le ore scorrono, mentre la fiumana di turisti scorre anch'essa, fino a ritrovarsi ancora abbacinati, ma stavolta dalla luce del sole che quasi al tramonto ancora bagna vividamente tutta la piazza. E di fronte a noi, al Palazzo Reale, centro del potere temporale, si staglia la Cattedrale dell'Almudena, a rappresentare il potere spirituale, ma senza alcuna pretesa di poter minimamente concorrere in grandezza, fasto e bellezza con il reale dirimpettaio.

Terzo giorno - Mattina e pomeriggio

Protagonista assoluto della terza giornata in Spagna è il Monastero dell'Escorial. Ritengo che nella vita bisogna vedere assolutamente questa grande opera dell'uomo non solo per le sue dimensioni ragguardevoli (facciata m. 208 fianco m. 162, 4.000 stanze circa, sedici cortili, eccc...), non solo per lo stupore che suscita nel visitatore per le bellezze e ricchezze che custodisce da secoli, ma anche perchè percorrerlo in lungo e in largo per visitarne gli ambienti è semplicemente emozionante e anche defatigante. Ogni pietra, ogni angolo, ogni ambiente tracima di storia, di cultura, di bellezza austera nella parte più antica, ricercata nella parte più recente. Qui il pantheon della famiglia reale spagnola; qui una biblioteca che custodisce libri rari e preziosi, tra cui gli autografi di s. Teresa d'Avila; qui gli ambienti destinati ai monaci di vari ordini che si sono alternati fino a oggi; qui le stanze reali dove la quotidianità trascorreva tra opere d'arte di inestimabile valore, elaborate da geni come El Greco, Diego Velàzquez, Tiziano, Tintoretto, Luca Giordano, Luca Cambiaso, ecc...; qui l'imponente basilica che racchiude preziose tele e uno splendido crocifisso in marmo di Benvenuto Cellini, e ancora sull'altare maggiore un retablo che lascia senza fiato per la magnificenza. Qui tutto è avvolto da un silenzio ovattato, perchè il luogo ispira, oltre che ammirazione, soparattutto sacralità, per cui ognuno tace e osserva per imprigionare nella memoria quante immagini possibili. E se pur tutta quella sovrabbondanza di manufatti pregevoli e unici lasciano a bocca aperta, è anche vero che non si può fare a meno di pensare che tutto ciò è stato possibile realizzarlo per le moltitudini di individui che per secoli sono state sfruttate per spremerne ricchezze, senza che a loro venisse dato alcun merito. Ma il merito va loro riconosciuto, va riconosciuto anche a quanti a stuoli ruotavano attorno ai sovrani per accontentarne ogni capriccio, per rispondere a ogni loro battito di ciglia, sfinendosi da mattina a sera per render loro la vita più piacevole possibile, mentre la sera stremati dalle fatiche domestiche trovavano un po' di riposo negli squallidi e freddi ambienti destinati a quella massa umana che sbrigativamente quanto spregiativamente veniva definita servitorame.

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