Il "casciarizzo" del Duomo di Enna

A distanza di 700 anni dalla sua fondazione, il Duomo è il monumento della città che più di ogni altro continua a rivestire un ruolo attivo per l’identità della nostra comunità. Edificato per volontà della Regina Eleonora d’Angiò, moglie di Federico d’Aragona, e inaugurato nel 1307, il Duomo di Enna “è quello che è” grazie all’impegno di intere generazioni di cittadini e rappresenta, anzi contiene, “l’anima della religiosità” del popolo ennese. Una delle opere d’arte più rilevanti del monumento è il Casciarizzo, il mobile da sacrestia che occupa l’intero lato destro della Cappella di S. Andrea. Inaugurato nel primo decennio del XVIII secolo, possiamo considerare il Casciarizzo una delle ultime grandi opere d’arte del Duomo realizzate a compimento di quel ciclo di ristrutturazioni della fabbrica e di abbellimento artistico che ne aveva caratterizzato la rinascita a partire dal Cinquecento.

Se consultiamo il Vocabolario siciliano etimologico italiano e latino che Michele Pasqualino pubblicò tra il 1785 e il 1795, alla voce “casciarizzo” ci imbattiamo in una definizione che, di fronte al maestoso esemplare conservato nel Duomo di Enna, non può non apparirci di primo acchito per

lo meno riduttiva. L’erudito abate, difatti, lo fa correttamente derivare dal termine latino “capsa”, ovvero cassa, che, pur qualificata nel caso specifico “ingens”, cioè grande, è indotto a tradurre col vocabolo “cassettone”.

Il “nostro” Casciarizzo deve la maestosità della sua progettazione al fatto che doveva essere il simbolo del fausto evento dell’elevazione a Collegiata della Chiesa Madre, sospirato sin dai tempi del vescovo Vincenzo Cutelli (1542 ca. -1597), i cui benevoli, ma inattuati propositi il clero ennese fu sempre pronto a rivendicare come prova di una erezione, esistente più di fatto che di diritto. Era passato un secolo, e la controversa situazione d’incertezza, dopo lunghe e accorte trattative, stava per avere felicemente termine: il vescovo Andrea Riggio (1660-1717), che nelle relazioni delle sue visite pastorali aveva fatto rilevare alla Santa Sede che del clero affidato alle sue cure quello di

Enna era di gran lunga il “più colto e dedito allo studio”, il 30 giugno 1703 erigeva con apposito decreto in Collegiata la Chiesa Madre ennese “ricca di rendite, di suppellettili d’argento, di reliquie, di vasi sacri d’argento” e pure “decorata e ornata”, ben s’intende oltre che di opere d’arte pure di arredi lignei pregevolissimi, come i soffitti e il coro tardocinquecenteschi e il recente “casciarizzo”. I canonici ennesi, soddisfatti nelle loro secolari aspettative, non immaginavano però che la tanto attesa decisione del Riggio, avrebbe ottenuto il “solenne consentimento” della Santa Sede solo nel 1725, allorché Benedetto XIII accerterà finalmente “legittima e canonicamente eretta nel 1703 la Collegiata di Castrogiovanni”, formata da ben venti ecclesiastici, tra Rettori, Canonici e Mansionari.

Il “casciarizzo”, con la sua fastosa imponenza, poteva ben rappresentare il suggello sussiegoso di una battaglia conclusasi vittoriosamente.

La “masserizia” fu eseguita nel periodo intercorrente fra il 1691 e il 1704, gli anni ai quali si riferiscono il contratto di commissione e i numerosi atti di pagamento effettuati secondo la clausola del “facendo servizzo pagando”. Numerosi gli esecutori impegnati, i quattro fratelli Ranfaldi (Alfonso, Francesco, Giuseppe e Nicola), dimoranti a Leonforte, ma originari di Galati Mamertino, incaricati di intagliare le scene raffigurate nei tredici pannelli e gli elementi decorativi accessori, e poi gli artigiani locali Giovanni e Cosimo Marchiafava, Francesco Sitaiolo e Damiano Pettorusso, tutti ben noti in città per operosità e abilità, coinvolti precipuamente nella realizzazione della struttura portante, ovvero “schiena”, del mobile.

I committenti dell’opera, i Reverendi Priore, Canonici, Rettori e Procuratori della Chiesa Madre, affidarono l’incarico della progettazione all’architetto ennese Clemente Bruno, già coinvolto nel 1681 nel progetto di ricostruzione del campanile del duomo, crollato nel 1676.

L’architetto Bruno svolse il suo incarico in modo eccellente, il mobile si rivela perfettamente dotato di autonomia strutturale e funzionale e ubbidiente ad un concetto unitario attento alla ripartizione degli spazi e sviluppo delle superfici. Nella sua grandiosità si mostra rispettoso dei canoni previsti per questo tipo di “armadio” da sagrestia, articolandosi in quel duplice corpo così congeniale a simili mobili.

La sinergia attivata tra architetto e artigiani raggiunge risultati tali da poter far considerare l’opera “se non unica, rara nel suo genere”, stando al giudizio di Antonino Ragona che agli artisti attivi nel duomo ennese ha dedicato ricerche e studi confluiti in una pubblicazione edita nel 1974.

Il “casciarizzo” realizzato si distingue non tanto per la tipologia, diffusa anche da prima in diverse sagrestie non solo isolane, ma soprattutto per la dovizia degli ornati, collegabili a diverse fonti ispirative; per la specificità del tema iconografico svolto, ampio e complesso, imperniato com’è non solo su quello ben diffuso dei misteri gaudiosi del Rosario; per la varietà e il pregio dei legni impiegati; per la peculiarità delle dimensioni adottate, così sapientemente proporzionate al vasto ambiente ospitante.

Il manufatto, il cui decoratissimo corpo superiore è arretrato rispetto a quello sottostante, occupa tutta la parete destra della sagrestia, occultando alla vista, nel suo sviluppo da muro a muro, le fiancate laterali e rivelandosi maestoso con le sue ragguardevoli misure di m 11,79 di lunghezza, m 3,83 (esclusa la cimasa) di altezza e m 2,40 di profondità massima.

Per la sua realizzazione si ricorse ad essenze lignee diverse per plasticità, durezza ed elasticità, reperite nelle contrade vicine ma provenienti perfino da quelle etnee. Dall’impiego delle numerose tavole di legni poco pregiati, quali i dolci abete (Abies alba) e pioppo (Populus alba) e il duro cerro (Quercus cerris), comprate sin dall’autunno del 1690, si ricavarono per lo più le parti meno visibili (montanti della “schiena”, ossature dei cassetti, rinforzi, intelaiature, elementi spesso accomunati nel generico termine “infurri” presente nei documenti) e un solido e sobrio zoccolo che, costituito da una bassa pedana seguente una linea spezzata in coincidenza con le due sezioni terminali costruite in posizione avanzata, mostra di assecondare la conformazione dell’intera struttura. I due corpi del mobile, il superiore (maestoso per gli artistici intagli dei pannelli e i lussureggianti decori scultorei di lesene e cornici, presenti pure nella sovrastante unitaria larga fascia ornamentale) e l’inferiore (severo nella cadenzata distribuzione delle spoglie cassettiere), sono raccordati da una fila di cassetti, decorati da una sobria modanatura.

Dei 13 pannelli, otto illustrano i momenti salienti della vita della Madonna, dall’affidamento di Maria bambina al Tempio, all’Annunciazione, ai vari episodi dell’infanzia di Gesù. Gli episodi raffigurati, quindi, non sono tratti esclusivamente dal Vangelo, ma anche dalla tradizione della Chiesa.

La posizione centrale del pannello che raffigura l’Ascensione e l’Incoronazione di Maria è in relazione alla titolazione del Duomo che all’epoca era alla Madonna Assunta. Questo pannello, assieme al pannello posto all’inizio della sequenza, che raffigura Maria Nuova Eva, e ad un terzo pannello che raffigura la Madonna del Rosario, esaltano l’importanza della Madonna nella storia della salvezza, mentre i pannelli con le scene della Trasfigurazione e della Risurrezione riassumono il Mistero della fede riportandolo alla centralità della figura del Cristo. Il tutto in un linguaggio semplice ed affascinante.

La contemplazione attenta e riflessiva del “Casciarizzo” della cappella del Duomo di Enna con i suoi tredici pannelli, immersi nella esplosione di creatività e di fantasia delle decorazioni delle cornici, ci conduce in un percorso di adorazione e preghiera rivelandoci l’amore di Dio. Non bisogna avere fretta, occorre immergersi in ogni singola scena, cogliere i dettagli e l’atmosfera di ogni singolo pannello per poi trovarsi proiettati nel cammino della Rivelazione.

Il Duomo è ricco di opere d’arte, ogni singolo quadro affascina e ci rivela un episodio, un momento, una istantanea della storia della salvezza, ma il Casciarizzo è come un film in cui ogni singolo fotogramma cattura e commuove. E’ anche un mobile, con la funzionalità di custodire i paramenti che per il loro carattere “sacro” e per la loro preziosità oggettiva necessitavano di un contenitore adeguato. Ma qui si è andati molto al di là della funzione e della necessità. Chi ha commissionato, progettato e realizzato l’opera ha realmente “mediante la bellezza delle proprie opere artistiche, espresso la verità del suo rapporto con Dio Creatore”.

Tutto questo impegno di progettazione, arte, spiritualità, rischia oggi di essere compromesso se non si procederà ad un accurato restauro del mobile. La valutazione dello stato di conservazione del manufatto eseguita con i più moderni strumenti di rilevazione in 3D dalla Prof. Antonella Versaci, ingegnere, assistant professor in Restauro della Facoltà di Ingegneria e Architettura dell’Universita KORE di Enna, e dal suo gruppo di ricerca, ha permesso il rilievo e la misurazione delle irregolarità, delle deformazioni e dei disallineamenti presenti nella struttura lignea, stimandone con esattezza l’entità in relazione allo stato di degrado pregresso o attivo, individuando, infine, le lacune e le possibili integrazioni avvenute nel corso del tempo.

La valutazione dello stato di deformazione del casciarizzo evidenzia alcuni cedimenti e una marcata mancanza di orizzontalità nella parte sinistra del mobile, molto probabilmente dovuti a un cedimento del sistema fondale, come del resto evidenziato dall’avvallamento della pavimentazione.

E’ inoltre evidente la precarietà dello stato di salute del manufatto, certamente in passato oggetto di aggressione da parte di insetti xilofagi (impropriamente detta tarlatura) e tuttora interessato da tali ricorrenti fenomeni di degrado biologico. Auguriamoci che al più presto la proprietà e gli organi costituiti alla tutela dei beni culturali attenzionino e mettano in moto le necessarie misure per la salvaguardia del “Casciarizzo del Duomo di Enna”

Federico Emma

 

Il Casciarizzo del Duomo di Enna di FEDERICO EMMA, con la Prefazione di Rocco Lombardo

Appendice di Antonella Versaci

Corredo fotografico di Paolo Mingrino

La Moderna Edizioni

Questo sito memorizza piccoli file (cookie) sul tuo dispositivo. I cookie sono normalmente utilizzati per consentire il corretto funzionamento del sito (cookie tecnici), per generare report sull’utilizzo della navigazione (cookie di statistica) e per pubblicizzare adeguatamente i nostri servizi/prodotti (cookie di profilazione). Per utilizzare i cookie tecnici non è necessario il tuo consenso, mentre hai il diritto di scegliere se abilitare o meno i cookie statistici e di profilazioneAbilitando questi cookie, ci aiuti a offrirti un’esperienza migliore.

On this website we use first or third-party tools that store small files (cookie) on your device. Cookies are normally used to allow the site to run properly (technical cookies), to generate navigation usage reports (statistics cookies) and to suitable advertise our services/products (profiling cookies). We can directly use technical cookies, but you have the right to choose whether or not to enable statistical and profiling cookiesEnabling these cookies, you help us to offer you a better experience.