Aidone e il suo Museo archeologico
di Serena Raffiotta
A sfogliare il guest book, il libro dei visitatori, del museo archeologico regionale di Aidone e a leggerne le recensioni sui più noti portali turistici saltano immediatamente agli occhi i commenti più ricorrenti: “Una piacevole sorpresa”, “Meta irrinunciabile” o ancora “Da non perdere”. Perché per i viaggiatori che raggiungono l’entroterra di Sicilia, solitamente attirati dalla più nota villa romana del Casale, sito UNESCO, arrivare ad Aidone senza essere preparati su cosa offra il paese in termini di attrazioni culturali e turistiche e senza sapere che è uno dei comuni più ricchi di storia dell’ennese e della Sicilia tutta, è indubbiamente una grande e piacevolissima sorpresa. Aidone offre prima di tutto dei panorami strepitosi, che si possono godere da diversi punti panoramici del paese, primo fra tutti il belvedere comunale. Da qui la vista si spinge lontano ad oriente fino alla costa e al gigante Etna attraversando tutta la piana di Catania, di cui il territorio aidonese è il limite orientale. E poi, passeggiando tra le strade silenziose del centro storico, oggi purtroppo non più pullulanti di vita come mezzo secolo fa, colpisce la bellezza di un patrimonio monumentale e artistico di grande rilevanza, di cui è massima espressione la grandiosa facciata in bugnato bianco e arenaria locale della Chiesa di San Domenico, che svetta simile a un tempio pagano lungo il percorso della via Roma, il principale asse viario dell’originario nucleo urbano medievale che conduceva al castello normanno, di cui oggi si ergono maestosi i ruderi.
Tornando al museo archeologico, che insieme al sito di Morgantina è la meta privilegiata per chi si spinga curioso fino ad Aidone, varcata la soglia di un convento cappuccino dalla facciata austera, si ha la sensazione di entrare in un tunnel del tempo. Il viaggio inizia proprio nel XVII secolo, quando furono eretti in una zona periferica dell’abitato, a ridosso di una silva di cui oggi rimane il ricordo nella vicina villa comunale, un convento cappuccino e l’annessa chiesa dedicata a San Francesco. Questo modesto convento fu scelto negli anni Ottanta del '900, quando era ormai in stato di abbandono, per ospitare un museo archeologico e i relativi depositi affinché fossero ben custoditi ed in parte esposti al pubblico migliaia di reperti archeologici provenienti dall’antica città siculo-greca di Morgantina, individuata nelle campagne di Aidone grazie a scavi condotti a partire dagli anni Cinquanta da una missione archeologica americana dell’Università di Princeton, ancora oggi attiva nel sito.
Oggi la chiesa di San Francesco con i suoi apparati decorativi originali accoglie i visitatori e li invita alla scoperta delle più antiche origini di Aidone, che gli scavi archeologici nelle contrade Serra Orlando e Cittadella hanno permesso di ricostruire. Il piano superiore del museo, la cui collezione è ospitata nei locali del convento, ha mantenuto il progetto di allestimento del 1984, seppur recentemente rinnovato nelle vetrine: in due sale distinte - Cittadella e Serra Orlando - attraverso l’esposizione di una gran varietà di manufatti di diversa provenienza (da contesti funerari, domestici e cultuali), seguendo un percorso topografico e insieme cronologico, si racconta la storia di Morgantina dalla fondazione di un piccolo villaggio di capanne abitato da genti sicule nel X secolo avanti Cristo fino alla breve fase romana repubblicana. Ma la fase indubbiamente più ricca e significativa è quella greca ellenistica, che testimonia - attraverso l’esposizione di una straordinaria varietà di oggetti databili tra IV e III secolo avanti Cristo - la quotidianità di quello che doveva essere il più grande insediamento della Sicilia centrale, la cui importanza (riconosciuta anche dalla potente Siracusa, al cui regno Morgantina appartenne) si doveva alla posizione strategica lungo le principali vie di comunicazione e di collegamento tra la Sicilia orientale e quella occidentale e alla vicinanza a fertilissime vallate coltivate a cereali, produzione che da secoli è la ricchezza di questo territorio.
Il piano inferiore del museo, che originariamente ospitava i depositi, un laboratorio di restauro e una sala tematica, dal 2009 è stato oggetto di un riallestimento che ha totalmente rivoluzionato il progetto originario elaborato nel 1984 dal noto museologo Franco Minissi. Questo recente rinnovamento è connesso all’importante percorso di restituzioni di reperti trafugati dai tombaroli che ha portato per decenni Morgantina e il museo di Aidone alla ribalta delle cronache e della stampa internazionale. Oggi il museo archeologico di Aidone si può a buon diritto definire “il museo dei rimpatri”, perché dal 2009 ha accolto straordinari reperti saccheggiati dai tombaroli locali negli anni Settanta e Ottanta del secolo scorso e ricontestualizzati di recente dopo difficili attività investigative e lunghe trattative diplomatiche. Si chiamano “archeomafie” i crimini contro il patrimonio archeologico e storico-artistico e Aidone è il museo che più di tutti in Italia, e nel mondo, parla al suo pubblico di archeomafie.
La Dea di Morgantina, gli argenti, gli acroliti e la testa di Ade, esposti al pubblico nelle rinnovate sale del piano terra del museo di Aidone, raccontano di violenze perpetrate dai ladri di antichità a danno della nostra storia, di vandalismi che hanno distrutto con violenza e disprezzo i contesti archeologici e di uomini ignoranti che per decenni hanno considerato i reperti archeologici custoditi gelosamente dal sottosuolo come meri oggetti fonte di ricchezza economica, merce da svendere, disconoscendone il valore storico e soprattutto il carattere identitario che essi hanno.
Oggi la visita al museo di Aidone ci insegna che una comunità può cambiare, risorgendo dalle ceneri di quei crimini per costruire un futuro che guarda al passato e lo trasforma in opportunità di crescita sociale ed economica.
Foto di Erminio Gattuso