Un caravaggista nel duomo di Enna. Storia e opere di Vincenzo Roggeri da Caltanissetta
Testo di Angelo Bartuccio
I primi anni del XVII secolo in Sicilia rappresentano un momento molto importante, a causa del passaggio, tra il 1608 e il 1609, del pittore Michelangelo Merisi, meglio noto come Caravaggio. In questi anni egli è di ritorno a Roma, da dove qualche anno prima era fuggito a causa di un’accusa di omicidio durante i festeggiamenti per l’elezione al soglio pontificio di Paolo V Borghese, e dove ora ritorna forte del perdono concessogli dal Papa, dopo che la sua fuga l’aveva portato, addirittura, fino a Malta. La fama di Caravaggio lo precede e la Sicilia da terra di semplice passaggio diventa in quegli anni un laboratorio prolifico per l’attività del Merisi. Numerose sono le testimonianze rimasteci del suo passaggio, in maniera particolare le grandi tele: il “Seppellimento di Santa Lucia” a Siracusa, le pale messinesi dell’”Adorazione dei pastori” e della “Resurrezione di Lazzaro” e l’ormai, purtroppo, scomparsa pala della “Natività con i Santi Lorenzo e Francesco” di Palermo.
Caravaggio non lascia solo grandi e importante opere pittoriche dietro di sé; a causa di queste mirabili esecuzioni artistiche, una nuova sensibilità si fonda nei pittori locali contemporanei o di poco successivi a questo periodo; così che se anche il Merisi morirà nel 1610, la Sicilia diventerà terreno fertile nel panorama del caravaggismo italiano e internazionale.
La Sicilia centrale, nonostante la posizione geograficamente defilata rispetto alle più importanti vie di comunicazione commerciali e culturali, risente del passaggio di Caravaggio con alcune importanti figure di artisti che contribuiranno a tramandare lo spirito del Merisi fino alla fine del secolo. Primo fra tutti è da menzionare Filippo Paladini, che condividendo con Caravaggio un periodo maltese, si rifugia negli ultimi anni di vita a Mazzarino, e da qui lo vediamo attivo in numerosi cantieri decorativi in giro per la Sicilia centrale, in particolar modo a Enna, dove tra il 1612 e il 1613 realizza cinque pale d’altare da collocarsi nell’abside del Duomo di Santa Maria della Visitazione. I dipinti del Paladini riprendono quasi in modo emulativo la tecnica caravaggesca. Tra le opere ennesi, ad esempio, quella della “Presentazione di Gesù al tempio” vede rappresentato un angelo in volo sopra la scena principale, che con nessuna difficoltà potrebbe essere riconducibile allo stesso soggetto del “San Matteo e l’angelo” della romana cappella Contarelli o, ancora di più, all’angelo della “Natività con i Santi Lorenzo e Francesco” di Palermo.
Ritornando alle opere custodite all’interno del Duomo di Enna, è possibile notare come oltre alle pale del Paladini e a quelle del primo Settecento firmate dal fiammingo Guglielmo Borremans, ve ne siano altre molto pregevoli che si fanno risalire al nisseno Vincenzo Roggeri (o Roggieri, o Ruggieri). Di quest’ultimo poche e molto scarse sembrano essere le notizie biografiche, tanto che si è insicuri anche sul cognome dello stesso, anche se certa sembra essere la sua provenienza dalla città di Caltanissetta, così come riferito anche dal suo monogramma riportato nell’angolo in basso a destra dell’”Adorazione dei Magi” nel Duomo di Enna, dove oltre alle iniziali “VR” troviamo le lettere “CAL”, che riconducono quasi inequivocabilmente alla provenienza nissena del pittore.
Nel Duomo di Enna il Roggeri (prenderò d’ora in avanti per buono questo cognome) svolge un’attività molto prolifica, con la realizzazione di dodici quadretti rappresentanti santi ennesi o di particolare venerazione ad Enna, la maggior parte appartenenti all’ordine basiliano che in passato aveva avuto numerosi seguaci in città, e due grandi pale d’altare.
L’attività di Vincenzo Roggeri è da collocarsi in un periodo molto particolare, quello prebarocco, dove l’arte ancora una volta, dopo più di un secolo dalla prima esperienza di questo tipo, è messa a servizio del progetto controriformistico iniziato già nel 1545 con l’indizione del Concilio di Trento. L’arte è ancora una volta il mezzo di rilancio di un messaggio ben preciso di riconquista della “cattolicità” e del rigore teologico di stampo cattolico. In questo contesto, i dipinti che il Roggeri realizza per il Duomo di Enna tra il 1668 e il 1675 svolgono un’azione teologica e identitaria ben precisa. Infatti i quadretti, posti sopra il cornicione interno della navata centrale della chiesa, hanno come soggetto principale i santi ennesi o i santi protettori della città; questo particolare tema ritorna utile a livello dell’affermazione identitaria di un popolo che vuole riconoscersi come fondato sulla fede cattolica, in un periodo in cui quest’ultima ha da poco subito un nuovo grande scisma derivato dalla Riforma luterana. L’altro apparato iconografico proposto dal Roggeri per le due grandi pale d’altare riguarda il fondamento dogmatico generale della fede cattolica: l’”Adorazione dei Magi” e il “Dormitio Virginis” propongono quindi un tema di fede che il credente deve tener presente per potersi definire tale. L’attività ennese del Roggeri non è quindi trascurabile, ma anzi rappresenta un momento importante di veicolazione di un messaggio preciso, che va oltre il senso meramente estetico e decorativo della pittura in altri periodi.
Da un punto di vista tecnico, Vincenzo Roggeri rappresenta uno degli ultimi caravaggisti prima della grande stagione Settecentesca che cambierà il volto artistico e architettonico di tutta la Sicilia. Il caravaggismo del Roggeri non è certamente di prima mano per una semplice questione cronologica, ma è forse riferibile a un’influenza del Paladini, che come abbiamo visto è, invece, contemporaneo del Merisi. Il caravaggismo di Vincenzo Roggeri è tuttavia moderato e alterna le tinte brune e fosche tipiche di questo a cromatismi sgargianti e luminosi più aderenti alla tradizione prebarocca. Tale risultato di commistione si evince bene dalle due grandi pale d’altare del Duomo di Enna.
La prima è quella del “Dormitio Virginis”: essa rappresenta due scene consequenziali riunite in un unico dipinto; la parte inferiore vede raffigurata la “dormizione” della Vergine vera e propria: al centro la Madonna distesa su un lettino finemente decorato è circondata dagli apostoli piangenti o in preghiera ed è troneggiata da un sacerdote, alle cui spalle trova posto un ragazzo turiferaio mentre soffia a pieni polmoni sull’incensiere, al fine di ravvivarne la fiamma. È proprio la fiammella sprigionata dall’incensiere il punto focale della scena inferiore; da essa, infatti, si diparte la definizione dei piani prospettici regolati secondo l’intensità luminosa da cui vengono colpiti i personaggi. In questo modo si determinano tre piani: quello avanti all’incensiere e illuminato da una luce esterna; quello sullo stesso piano del turiferaio sui cui corpi si rincorrono luci e ombre (si faccia riferimento alla testa dell’anziano posto quasi davanti al ragazzo); e, infine, un terzo piano di figure appena leggibili nella loro conformazione fisionomica. Sono il secondo e il terzo livello di figure, probabilmente, la componente maggiormente caravaggesca di questo dipinto, con i personaggi che emergono dalle tenebre secondo la definizione che ne dà la luce; ma se in Caravaggio la fonte luminosa è sempre esterna, in questo dipinto del Roggeri essa è interna e rappresentata dalla fiammella dentro l’incensiere.
Volendo fare un paragone forse troppo azzardato, questa tecnica caravaggesca del Roggeri si presenta di fatto molto simile a quella di Gherardo delle notti, suo contemporaneo e caravaggista, che pone la fonte luminosa all’interno, e non all’esterno, del dipinto. La parte superiore del dipinto, invece, abbandona completamente quest’ottica caravaggesca e la composizione cromatica delle figure dell’Assunta e dei due angeli presenta uno stile tendenzialmente prebarocco.
La seconda pala, più grande della prima, è l’”Adorazione dei Magi” posta nel transetto destro del Duomo di Enna e risalente al 1675. In quest’opera Roggeri sembra abbandonare la componente caravaggista, e dona alle sue figure cromatismi particolari e sgargianti più vicini all’esperienza barocca. L’unico riferimento che potremmo definire caravaggista è probabilmente l’uso di toni scuri e preparazione a vista che Roggeri adotta nel bordo inferiore della tela, in corrispondenza con l’area dove è presente il monogramma dell’artista. Vincenzo Roggeri diventa in questa pala maestro del dettaglio, data la propensione a dipingere in modo molto ben definito particolari minimi, che però donano all’intera opera un senso di sontuosità maggiore rispetto al dipinto precedente.



