Storia di una capinera o del modernissimo processo di sdoppiamento nel cap.XXVIII
di Elisa Di Dio
Storia di una capinera è un romanzo epistolare, pubblicato dal giovane Giovanni Verga dapprima a puntate, su riviste femminili, poi, in volume, nel 1871.
Maria, la protagonista, è costretta a farsi suora dalla volontà della matrigna che progetta, invece, il matrimonio per sua figlia Giuditta. La ragazza viene così collocata in un convento di clausura, dove è destinata a passare il resto della sua vita. Un’epidemia di colera le permette però di vivere per un periodo con la famiglia a Monte Ilice. Qui passa dei momenti felici, scopre le gioie del mondo ed è oppressa dal pensiero di tornare nel convento. In quei giorni conosce Nino, verso il quale scopre di provare un sentimento del tutto nuovo per lei, l’amore. Questo getta Maria in una profonda crisi esistenziale, dal momento che il suo destino è sempre stato quello di essere una suora. Maria riceve pressioni dalla famiglia, affinché completi il percorso di monacazione e la matrigna le proibisce di vedere Nino e la rispedisce in convento. Il giovane sposerà Giuditta, mentre Maria, schiacciata dal dolore per quella monacazione che avverte come una prigionia ingiusta, si lascerà morire come il piccolo uccellino che dà il titolo alla storia, privato della possibilità di volare, libero, in cielo.
Nel capitolo XXVIII è raccontata in prima persona la solenne cerimonia della sua consacrazione con un modernissimo processo di sdoppiamento: Maria vede se stessa dall'esterno, i parenti, lo stesso Nino, come se assistesse a qualcosa che le è estraneo. Un teatro emozionale sostanziato di sensazioni tattili, uditive, olfattive. Quando la chiesa si svuota, la giovane si rende conto dell'irreversibilità del suo stato. Il delirio in cui sprofonda è presagio dell'epilogo, resoconto vivido e allucinato di una sensibilità nutrita di ideali e sogni, uccisa nell'impatto terribile con le ragioni del vantaggio economico.