Del "sacro" al rovescio

di Pippo Lombardo

Quali parole selezionare da un vocabolario ordinario per parlare di una mostra fotografica dal titolo "Anche i santi vivono in cella" quando la sua straordinarietà imporrebbe parole nuove, ancora da inventare, perchè a osservare la teoria di foto affisse ai pannelli sembra insufficiente ogni parola conosciuta, finora condivisa, convenzionale. Nuove parole per pensieri che si muovono sotterranei e inafferrabili dentro noi, mentre l'occhio scruta, attratto da ogni dettaglio alienato e alienante, che compone un puzzle fotografico complesso pur nella sua schietta semplicità che trafigge. Un puzzle soprattutto umano di quella umanità lontana dai più, che appena a spiarla ci inquieta, prima; ci coinvolge, dopo; diventa prghiera, infine. 

Ma preghiera senza parole, preghiera mai scritta, preghiera mai recitata, ma che ci spaventa più di quella bisbigliata nella penombra di una chiesa qualunque, più di quella sofferta che sostiene i nostri dolori, perchè contigua a un "sacro" quasi rovesciato, etimologicamente attinente a tanta potenza sprigionata da corpi e anime atteggiati a umani, se dell'assoluta umanità ci appaiono  privati, mentre il fotografo, qui maestro carnale spirituale moderno cerimoniere, presta generoso i suoi occhi allo spettatore fin lì cieco; presta, in un gesto di altruismo spasmodico, la sua sensibilità allo spettatore fin lì avvolto nelle sue rassicuranti abitudini quotidiane; regala, in un atto assolutamente gratuito, un'arte "riflettente": riflette ciò che siamo riusciti ad evitare dell'esistenza; ci fa riflettere su ciò che altre e altri hanno subito da un debole esercizio del libero arbitrio, disperso in miriadi di frammenti adespoti di fragilità quotidiana. 

E così il "Vero" spietato ci stana dal comfort, dall'ipocrisia, dal perbenismo e ci consegna a questo "sacro al rovescio", inducendo i nostri occhi a sfrondarne il profano, mentre si spande una forza misteriosa, che inorridisce perchè attrae, che attrae perchè inorridisce. E si manifesta l'arcano divino in quei simboli inveterati: di un Cristo declinato in compianto perpetuo, dolore incomprensibile, speranza logorata e logorante; di una Madonna che declina la sua pietà di madre tenera, di avvocata instancabile, di custode affidabile. E alla fine, privi di qualsiasi riparo, si spera che ogni dio si adoperi per la palingenesi di ognuno e di tutti.

Un'estetica che non si compiace dell'abilità tecnica che la contorna; un'estetica "rumorosa", a volte,  nei colori accesi dei rossi, eppure spenti di vita squillante, perchè privi del fremito della libertà; un'estetica rigorosa nella sua semplicità di linee simmetriche, spesso, come le sbarre che separano, ma non occultano, che delimitano, ma non per essere un oltre raggiungibile; un'estetica che imprigiona un divino che non perde la sua sacralità, perchè  con i detenuti condivide e gli spazi della vergogna e la sua ineffabilità; un'estetica di luce naturale che plasma volumi di cose e di persone, anch'essi fin troppo naturali, di una naturalezza pietosamente oscena e involontaria, quell'oscenità della vita che travolge ogni razionalità, perchè profondamente irrazionale e incomprensibile; quindi un'estetica altamente tragica, disumanamente poetica nella sua consistenza antidemagogica, che travalica l' "hic et nunc", la siepe leopardiana per consegnarci allo spaventevole infinito, di cui l'edonismo moderno non è che un misero rigurgito. 

Ogni riferimento a una scuola fotografica statunitense, europea, italiana in particolare, moderna, contemporanea, in questa mostra è appena un suono di sottofondo, è appena un ricordo lontano, benchè presente, che necessariamente affiora quasi per istinto di sopravvivenza.  

Si matura così in Paolo Andolina il frutto amaro dell' esperienza quotidiana con i detenuti, prima che fotografati, vissuti in tanti anni di lavoro gomito a gomito, respiro a respiro, anelito ad anelito nell'insegnamento della fotografia come tecnica espressiva, nell'apprendimento della vita come mistero imperscrutabile.

Si ringrazia il fotografo Paolo Andolina per la gentile concessione delle immagini.

 

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Note legali

Credits: sito web realizzato da Ilaria Limblici per Libri&Altrove

 

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