Ascuta chi ti cuntu
"Ascuta chi ti cuntu", raccolta di "versi" in dialetto ennese di Gaetano Libertino, già dal titolo offre delle indicazioni chiare: la scelta del racconto, come forma di comunicazione semplice e immediata che sottintende anche velatamente a un aspetto pedagogico, tipicamente dei racconti popolari; la scelta del dialetto, qui quello ennese, che viene recuperato proprio come ancoraggio semantico, storico, culturale, alla tradizione di un territorio con forti caratteristiche peculiari, contadine e religiose soprattutto, quelle che appunto solo la sua lingua può restituire al lettore moderno che ha perso le ormai flebili tracce sonore un tempo ricche di sapori, odori, atmosfere, che proprio tra queste pagine vengono evocate con incantevole stupore, in una tessitura di forma e contenuto che profuma di spontaneità, quella dell'autore che circola ora spensierato, ora triste e commosso tra i versi come laudator temporis acti se puero , di oraziana memoria.
E chi è avanti negli anni, ovviamente ne segue meglio il discorso coerente intessuto di trine di ricordi vividi, respirando nei componimenti più riusciti persino l'aria profumata delle stagioni, colte nei ritmi scanditi da tradizioni, proverbi, abitudini, aspetti gastronomici; e anche rivive più intensamente momenti di quotidianità domestica, o ancora momenti di una socialità che oggi si è persa, fatta di quei giochi di strada semplici e divertenti, con cui si cresceva nel rispetto delle regole, nel misurarsi con gli altri, sviluppando in modo naturale quelle competenze relazionali che smussano i difetti, imparando così i buoni sentimenti, come la compassione, i principi elementari come la solidarietà, gli atteggiamenti altruistici come la condivisione, tutti aspetti umani che oggi sembrano smarriti nella solitudine, nel benessere materiale che inseguiamo illudendoci che sia proprio quello a renderci felici.
Insomma, il discorso potrebbe ancora dilungarsi alla ricerca dei tanti altri spunti di riflessione che offre questa raccolta di "cunti", che oscilla lievemente e dolcemente dal passato al presente, musicalmente intrappolati nella semplicità sonora, popolare, della rima baciata, a puntello di una memoria che con il trascorrere degli anni cede sempre più.
E, ahinoi, un profondo senso di nostalgia pervade il lettore canuto, lasciando sì un gusto un po' amaro nel pensare a un tempo che non tornerà più, quello della nostra fanciullezza e giovinezza, ma a compensare questa amarezza ecco il fascino leopardiano della rimembranza, che come lieve carezza consolatrice sfiora le nostre rughe, e anche se solo per un attimo, ci sembra il migliore bisturi capace di restituirci la giovinezza. Miracolo della parola, della poesia, della letteratura.

